Le donne “dei” naviganti, donne da aMare

Mi trovo in Navigazione nell’Oceano Pacifico, a Nord Est delle Isole Hawaii, con destinazione Yokohama, Giappone. Al calare della notte, mi piace osservare le stelle, che sono le stesse anche in Italia: ne fisso una e penso a mia figlia: “Auguri di Buon Compleanno da papà, cara Vivienne”

*Di Salvatore Barra

Non potrò mai dimenticare lo sguardo di mia madre quando, con la valigia in mano, partii per la prima volta per un imbarco in Marina Mercantile. Correva l’anno 1981, destinazione Mogadiscio, con volo Alitalia da Roma Fiumicino.

Mia madre non proferì parola, ma in quello sguardo leggevo tristezza, orgoglio, soddisfazione, inquietudine… Il suo viso si solcò di lacrime, grosse e lucenti come perle. Proseguii, senza avere il coraggio di voltarmi, ma con il dolore nel cuore. La stessa cosa mi accade oggi con mia moglie e mia figlia: situazioni ed esperienze analoghe le vivono quotidianamente migliaia di marittimi, al momento di lasciare la famiglia.

Desidero porre all’attenzione dei lettori una categoria di donne particolari, discrete, poco conosciute, instancabili lavoratrici, dal carattere forte e deciso. Eccezionali. Esse sono le donne dei marittimi: chiedo scusa in anticipo per aver utilizzato la preposizione articolata “dei”, ma non riesco a trovare altra forma: Madri, Mogli e Figlie ricoprono un ruolo fondamentale e decisivo nella struttura familiare. La moglie in particolare, che, suo malgrado, in assenza del marito navigante si trova a gestire la famiglia da sola, con tutte le responsabilità del caso, le ansie e le preoccupazioni, portando avanti i figli con la sensibile dolcezza della mamma, ma, quando occorre, anche con l’autorità che può avere un papà. La moglie di un navigante cura gli interessi economici, segue eventuali lavori di manutenzione per la casa, insomma, svolge tutti i ruoli possibili, comunemente condivisi da entrambi i coniugi. Indubbiamente affronta realtà più grandi di loro, ma non lo fanno pesare, anzi ostentano calma e trasmettono serenità. A volte mistificando la realtà.

Gerardine, mia moglie, di origine Malgascia, aveva appena 22 anni quando mi raggiunse in Italia, a Furore dove abbiamo vissuto i primi 13 anni di matrimonio accolti splendidamente dalla locale comunità e dalla mia famiglia (di Amalfi). Parlava pochissimo l’italiano e conosceva quasi niente dell’Italia e delle sue tradizioni. Arrivò in Italia animata da buona volontà, decisa a vivere ed a formare una famiglia con me. Una sfida che dovevamo affrontare e superare a tutti i costi. A Furore il vicinato ci accolse con amore e ci fece sentire, fin da subito, come in una famiglia. I vicini, coadiuvati dai miei genitori, dalla mia famiglia e dagli amici di sempre, si prodigarono al massimo e così, in pochissimo tempo, mia moglie si integrò nelle realtà locali di Furore ed Amalfi, imparò a muoversi autonomamente e, soprattutto, fu subito benvoluta da tutti.

Arrivò il momento della partenza. Per lei non fu facile rimanere da sola, straniera, con un figlio di 10 mesi, nato nel frattempo, con tante incognite e preoccupazioni per il futuro. Gerardine dovette soffrire tanto. Una situazione del genere avrebbe messo in crisi qualsiasi persona. Affrontò disagi, fece tanti sacrifici, ma alla fine se la cavò molto bene. Ritornai dopo dieci mesi. A quei tempi non esistevano gli smartphone e le comunicazioni non erano facili come adesso. Riunire nuovamente la famiglia fu una festa di gioia incontenibile, difficile da descrivere. Solo che occorsero tre giorni per (ri)conquistare la fiducia di mio figlio, ormai di venti mesi di età, che, a causa della prolungata assenza, non mi accettava come papà e quindi, quando mi vedeva, scappava o piangeva. Da allora, anno 1995, mediamente rimanevo lontano otto mesi l’anno. Una vita, una bella storia ma con tantissimi sacrifici, fatti soprattutto da mia moglie.

A queste donne, spesso ignorate o non sufficientemente valutate, secondo me andrebbe fatto un monumento.

Un noto psichiatra, originario di Torre del Greco, città di marittimi, conosciuto e stimato anche in Costiera Amalfitana, attento alle problematiche inerenti le condizioni in cui si trovavano a vivere le mogli dei marittimi del posto, “orfane” dei propri mariti, studiò approfonditamente il fenomeno, sotto tutti gli aspetti e le criticità psicologiche. Quindi, pubblicò una tesi di laurea dal titolo emblematico, “Vedove Bianche”, riferendosi allo status delle mogli, in assenza dei mariti imbarcati, di fatto “vedove” temporanee. Da considerare che, a quei tempi, i contratti di imbarco duravano fino a 24 mesi.

Un Nostromo di Maiori, tale Vincenzo Zichinolfi, mi confidò che conobbe la sua primogenita la prima volta quando aveva già due anni e mezzo, avendo lasciato la moglie incinta prima di imbarcarsi.

Chi non è madre o moglie di un navigante difficilmente potrebbe capire. Le madri, in particolare, fanno di tutto per assicurarsi la protezione del loro congiunto. Ricordo mia madre, quando stavo per imbarcarmi per la prima volta: le telefonai per salutarla dall’Aeroporto di Roma Fiumicino, da una cabina telefonica, prima di partire per Mogadiscio. Mi disse: “Sei solo?” – risposi: “No, sto con il Cuoco” (tale Filippo Sardella di Monopoli) – “Me lo puoi passare?”, rispose mia madre. Quando cedetti la cornetta del telefono al cuoco, mia madre gli chiese di proteggermi (“Stai accort o’ figlio mio!”); al momento me ne risentii, poi capii che mia madre aveva paura e desiderava proteggermi con ogni mezzo, spinta dall’istinto materno e dal suo “cuore di mamma”. Il nostro affetto non è mai venuto meno, nonostante le mie continue e prolungate assenze. Abbiamo vissuto momenti di grande gioia ad ogni mio ritorno a casa e momenti di tristezza in prossimità di ogni partenza, in particolare durante la preparazione delle valigie, un rituale che a volte si svolgeva senza proferire parola, a causa della tensione che ci assaliva prima di ogni partenza, che ben si leggeva sui nostri volti. Momenti che hanno consolidato ulteriormente e indelebilmente la nostra unione.

Mia madre attualmente vive in una casa di riposo, non è più lucida come un tempo, ma quando riceve visite chiede sempre di me. C’è chi dice: “Tanto ormai siete abituati alla lontananza”, niente di più falso, a meno che non vi sia insensibilità.

Nel campo marittimo, le donne sono tenute in grandissima considerazione, basti pensare ai nomi che si danno alle navi. Le navi flotta MSC da carico, a parte qualche rara eccezione, hanno tutte nomi femminili. Negli ambienti marittimi la devozione alla Madonna è grande: Madonna di Porto Salvo, Santa Maria a Mare, Stella Maris…

Mi trovo in Navigazione nell’Oceano Pacifico, a Nord Est delle Isole Hawaii, con destinazione Yokohama, Giappone. Siamo un puntino, circondati dal mare, il cui moto ondoso sembra non finire, provocando un incessante rollio che non ci dà pace. Ho scritto di mia madre e di mia moglie, ma lo spunto di questa breve riflessione, che condivido con piacere con i lettori de “Il Vescovado”, l’ho avuto pensando a mia figlia Vivienne, la quale lunedì 7 novembre festeggerà i suoi primi 20 anni: io sarò ancora una volta assente, così come in tanti altri momenti importanti della sua vita. Spesso queste situazioni determinano in me sensi di colpa, con lei e con i suoi fratelli, mi chiedo se sono stato un buon papà. Poi penso che se avessi fatto un lavoro diverso non avrei incontrato Gerardine e loro, probabilmente, non sarebbero mai nati. Meglio così!

I momenti più belli li viviamo quando siamo tutti in famiglia, ma anche quando siamo lontani, o lontanissimi come in questo caso, abbiamo sempre la sensazione che un invisibile filo di amore ci unisce e ci fa stare bene.

Al calare della notte, mi piace osservare le stelle, costellazioni e pianeti, puntini colorati e brillanti che riempiono l’infinita oscurità della volta celeste. Le stesse stelle saranno visibili anche nella notte italiana, a migliaia di chilometri lontananza. Ne fisso una, la rinomino con il nome di una persona a me cara. In questo caso la stella prescelta è per mia figlia, penso: Auguri di Buon Compleanno da papà, cara Vivienne.

Questo testo lo dedico a tutte le Madri, Mogli e Figlie del personale Navigante, imbarcato su Navi Militari e Mercantili.

*Capitano Superiore di Lungo Corso

fonte https://www.ilvescovado.it/it/racconti-d-amare-45/le-donne-dei-naviganti-donne-da-amare-111040/article

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