Anniversari dimenticati/ Il Codice della navigazione compie 80 anni

Nicola Silenti

Con le parole “Sire, mentre l’Italia lotta con le armi per aprire al suo diritto e alla sua volontà di espansione di nuovi spazi vitali, il codice della navigazione che mi onoro di presentare alla Vostra approvazione ,assume un particolare significato” il Ministro Guardia sigilli Grandi introduceva la sua relazione per l’approvazione del codice della navigazione nella udienza del 30 marzo 1942,richiamando anche il compito che aveva affidato al Senatore Antonio Scialoja di predisporre lo schema definitivo del nuovo codice della navigazione

A dispetto del tempo trascorso, ottant’anni di precetti e di regole portati benissimo, il nostro codice della navigazione rimane un impareggiabile capolavoro giuridico e un punto di riferimento insostituibile per l’universo marittimo. Un capolavoro che mette insieme otto decenni di esperienza confermando in pieno il suo eccellente stato di salute e rivelandosi in questi tempi complicati ancora un perno insostituibile a garanzia di uno dei settori più vitali e virtuosi del sistema paese, quello del mare.

Approvato quindi  con regio decreto il 30 marzo del ’42 ed entrato in vigore il 21 aprile dello stesso anno, il codice fu redatto da una commissione presieduta dal già richiamato  professor Antonio Scialoja dell’Università di Napoli poi passato alla Università di Roma   e composta dai professori Antonio Lefebvre d’Ovidio (Università di Bari), Eugenio Spasiano (Università di Napoli) e Gabriele Pescatore (Università di Roma ) con l’intento, da subito, di imprimere un carattere d’innovazione a una materia, la navigazione, che sin da allora mostrava tutta la sua importanza strategica per un mondo in preda ai tumulti della seconda guerra mondiale.

Un lavoro puntuale e meticoloso con cui si decise di dare piena autonomia al diritto marittimo, un’autonomia perduta nel secolo precedente con la codificazione mercantile e recuperata in pieno con la nuova impostazione concepita da Scialoja, cui va ascritto il grande merito di aver dato una nuova disciplina giuridica al diritto della navigazione. Al centro della grande intuizione di Scialoja di far confluire il diritto marittimo nel più grande alveo del diritto della navigazione la sua ricerca ventennale nella giurisprudenza di settore, fu l’idea portante, supportata e condivisa dagli altri componenti la commissione,  di mettere insieme un grande testo capace di codificare in modo unitario la materia del trasporto delle persone e delle merci con la medesima impalcatura normativa per la navigazione in mare, nelle acque interne e in aria. Un testo rivoluzionario ancora oggi stella polare e presidio insostituibile per chi si occupa di trasporti e con le problematiche degli spostamenti delle persone e delle merci fa i conti ogni giorno.

In concreto il codice della navigazione italiano e il suo regolamento di esecuzione disciplinano la materia della navigazione in base all’ambiente nel quale la navigazione si svolge (mare, acque interne, spazio aereo o finanche lo spazio extra-atmosferico), ai mezzi di trasporto con i quali si compie (nave, aeromobile, veicolo spaziale) e alle “finalità” che con essa si perseguono (private o pubbliche, commerciali, di ricerca, del diporto ecc.).

Con il codice si afferma nel diritto italiano l’assioma dell’autonomia e quindi dell’unità del diritto della navigazione dando una sistemazione organica a tutti i rapporti attinenti la navigazione a prescindere dagli scopi per i quali viene esercitata. Un corpo normativo in cui istituti privatistici e pubblicistici vengono riordinati in un sistema rigorosamente unitario.

Sancita in modo inequivocabile dal suo primo articolo («In materia di navigazione, marittima, interna ed aerea, si applicano il presente codice»…), l’autonomia del diritto della navigazione si riflette nella struttura e nella progressione normativa delle fonti proprie della materia (…«le leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi ad essa relativi»). Dando un valore preminente a tali fonti e condizionando l’operatività del diritto in generale al loro impiego in via prioritaria, la normativa generale (che pure alla navigazione si può applicare) viene ad assumere un’efficacia subordinata rispetto alla disciplina propria della materia della navigazione condensata nel codice. Un codice che sembra resistere impassibile all’usura degli anni e alle tante insidie disseminate lungo il suo corso da chi, per invidia o ignoranza, persegue il disegno blasfemo di decretarne la fine per troppa efficienza.


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