L’operaio bruciato nel traghetto, il pm: “Colpevoli due aziende”. Il papà: “Spero di sopravvivere”

Claudia Brunetto, Francesco Patanè

Dopo nove anni dalla tragedia e sette di processo con cinque cambi di giudice, la morte di Alessandro Di Trapani, fra due mesi, avrà probabilmente un colpevole. L’elettricista, il 13 maggio del 2014, rimase avvolto dalle fiamme nella sala macchine della nave “Cossyra” della società Traghetti delle Isole, ormeggiata nel bacino di carenaggio della Adorno, appena fuori dall’area di Fincantieri. Aveva 41 anni e quattro giorni dopo se n’è andato con l’80 per cento del corpo ustionato. La sentenza di primo grado (è il processo più lungo che si tiene a Palermo) è attesa a giugno: gli imputati, accusati tutti di omicidio colposo, sono Vincenzo Chiavazzo, il datore di lavoro che non ha fornito le attrezzature idonee per salvarsi dal fuoco, Francesco Fontana, legale rappresentante “Traghetti delle isole spa”, Gaspare Cavasino, comandante della “Cossyra” e responsabile della sicurezza e Natale Pizzimenti, direttore di macchina della motonave. Per loro, nell’ultima udienza del 28 marzo, il pubblico ministero Ferdinando Lo Cascio al termine della sua requisitoria ha chiesto la pena di tre anni di reclusione.

La famiglia attende giustizia da nove anni, un tempo lunghissimo che si è portato via anche la madre di Di Trapani, Angela Sarzana: per il dolore aveva smesso di parlare e a poco a poco si è lasciata andare fino a morire. Ha rischiato di fare la stessa cosa il papà Pippo, quasi novantenne, che però dopo l’udienza del 28 marzo, ha ritrovato la forza di aspettare ancora. “Voglio giustizia per mio figlio – dice il papà – Lo devo a lui, a tutta la famiglia, alla mia amata moglie che è morta prima di conoscere la verità su quel 13 maggio del 2014. Sono molto anziano e più volte, soprattutto dopo che Angela è andata via, ho rischiato anche io di mollare. Ma adesso che mancano pochi mesi finalmente alla sentenza sento che devo resistere, che devo andare avanti. Aspetterò ancora sperando davvero che sia la volta buona”. Nella prossima udienza, in programma il 18 aprile, discuteranno le parti civili: l’avvocato Fabio Lanfranca che assiste il padre di Di Trapani e l’avvocato Enrico Sanseverino per la moglie e la figlia della vittima. Poi sarà la volta, nel mese di maggio, delle arringhe difensive e a giugno dovrebbe arrivare la sentenza di primo grado.

L’anno scorso, Pippo Di Trapani ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Mattarella raccontando la sua disperazione per la morte del figlio e il calvario del processo senza fine. L’ennesimo appello del padre lanciato in questi anni alle istituzioni. Alla fine Di Trapani ha deciso di avere fiducia nella giustizia. “Mi consolo guardando le foto di mio figlio e di mia moglie – racconta – Parlo con loro, cerco conforto. Ma quello che più mi potrà dare pace è mettere la parola fine alla tragedia che ha colpito la mia famiglia. Da quando Alessandro non c’è più aspetto soltanto il giorno della sentenza”.

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