Perchè volete umiliare la gente di mare? L’irrisolta questione dei titoli professionali

Cinque anni di rabbia ripagati da un oceano di silenzio e indifferenza. Diffusa e riproposta a partire dal lontano febbraio del 2016 da varie testate online e blog di settore, la mia intemerata dal titolo “C’era una volta il capitano di lungo corso” non ha ancora avuto uno straccio di riscontro.Pubblicato in forma di lettera e inviato al Ministro delle infrastrutture e mobilità sostenibili Enrico Giovannini e al Viceministro Teresa Bellanova, a fronte dello sdegno unanime dei marittimi di ogni ordine e grado il mio atto d’accusa non poté riscuotere dal mondo politico e istituzionale nulla di più di un silenzio imbarazzato e impotente.

Per quanto da anni ci si sforzi di porre l’accento sull’importanza strategica del cluster marittimo nell’economia italiana, è ogni giorno più forte il sospetto che l’argomento “mare” continui a essere un vero e proprio tabù per la gente che conta (o che finge di contare) in Italia. L’Italia, oggi più che mai la patria delle parole gettate al vento. Eppure, incapaci di desistere, in tanti rifiutiamo di capitolare e continuiamo ad augurarci la venuta di un’anima illuminata che avrà l’ardire di mettere mano all’articolo 123 del Codice della Navigazione, ponendo finalmente rimedio a un’infame cancellazione: quella del titolo di Capitano di lungo corso.

Per un tempo lunghissimo titolo professionale della marina mercantile italiana per i servizi di coperta, il fregio di Capitano di lungo corso è stato il simbolo della marineria italiana e il vanto di italiani illustri e illustrissimi a partire da Giuseppe Garibaldi. Un titolo cui faceva da corredo un’abilitazione fondamentale, quella del comando di navi di qualsiasi stazza e velocità per qualsiasi destinazione. Uno status considerato un vero e proprio onore per tanto tempo, sino alla famigerata legge del 27 febbraio 1998, n.30 seguita dalla circolare del 17 dicembre 2008 “Gente di mare” con cui l’esecutivo dell’epoca decise d’imperio di sostituire il titolo di capitano di lungo corso con uno scarno e asettico certificato di competenza rilasciato in ossequio alla normativa internazionale: un attestato, peraltro oggi acquisito in via automatica.

Una decisione di cui nessuno ha mai compreso davvero lo spirito, il fine, l’orizzonte, l’intendimento finale. Un provvedimento subito dai marittimi italiani come uno sfregio gratuito, ingiustificato e ingiustificabile, ultimo atto di una politica incapace di gratificare un settore glorioso come quello del mare con nient’altro che ignoranza, superficialità e una inaccettabile faciloneria. Eppure basterebbe dare voce a uno qualsiasi dei tanti marittimi che hanno accompagnato con dolore questa cancellazione tanto infame quanto incomprensibile, manifestando in tutti gli ambiti possibili il malcontento e la rabbia di chi si è visto sottrarre in un istante l’orgoglio di un’appartenenza mai neppure incrinata in tanti secoli di navigazione per i quattro angoli del pianeta.

Da quella famigerata circolare n.17 che attestava che dal 1 febbraio 2008 i titoli professionali non potranno essere più rilasciati i marittimi italiani non conoscono più pace. Una pace perduta a causa di una cancellazione che non ha logica, senso, motivazione. Una cancellazione su cui da anni l’universo marittimo nazionale si arrovella senza riuscire a trovare spiegazione. E come sarebbe mai possibile spiegarsi altrimenti l’idea malsana e sciagurata di depennare i titoli nazionali della gloriosa tradizione marinara italiana per venire sostituiti da un certificato di competenza rilasciato in conformità a norme internazionali? Come se fosse impossibile per l’Italia quello che accade invece in tutte le altre nazioni in cui gli ufficiali dispongono della doppia certificazione di un titolo professionale nazionale e un certificato di competenza valido a livello internazionale.

Da qui l’impressionante corollario di quesiti senza risposta che angoscia i marittimi italiani: chi ha avuto l’idea immorale di cancellare il titolo di Capitano di lungo corso per lasciare spazio a un certificato di competenza? A chi avrebbe nuociuto la conservazione dei nostri titoli storici? Perché le associazioni di categoria dell’epoca rimasero in silenzio avallando di fatto questa vergogna? Una vergogna che priva oggi le nuove generazioni di ufficiali di coperta e di macchina  italiani di uno status che era il nostro vanto, il nostro orgoglio, la nostra storia. Una storia che non può e non deve finire.

Nicola Silenti

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