E’ un pianeta alle prese con una trasformazione ormai inarrestabile quello descritto dal Rapporto annuale sull’economia marittima italiana, per l’ottavo anno curato dal Centro studi SRM con il patrocinio della Fondazione Compagnia di San Paolo. Un pianeta, quello del commercio marittimo, sconvolto nei suoi equilibri delicatissimi dalla pandemia del Covid 19 a dispetto del ruolo del mare quale protagonista indiscusso degli scambi commerciali planetari. Scambi che continuano a vedere nell’Asia il maggiore player nel settore dei container a fronte di quella che ormai si conferma una certezza universale: è il trasporto via mare il principale vettore dell’incremento del commercio internazionale, dal momento che il 90 per cento di tutte le merci viaggia via mare. Un dato incontestabile confermato dalla portata della logistica e dei trasporti via mare, pari a circa il 12 per cento di un prodotto interno lordo globale lanciato a tutta velocità verso un’impennata nei prossimi due anni, come testimoniato dalle ultime previsioni del Fondo monetario internazionale. Un aumento che in tanti tra gli addetti ai lavori interpretano come il chiaro segnale di una rinnovata fiducia generale in un rafforzamento dell’economia: una fiducia supportata dalle campagne vaccinali dei paesi evoluti e dal robusto sostegno fiscale delle grandi economie.
Un clima di ripresa di questa portata è stato reso possibile dall’incremento della domanda di beni che ha sostituito, almeno in parte, quella di servizi: un mutamento che sembra legato a doppio filo al cambiamento delle abitudini di consumo dovuto alla pandemia. Sta di fatto che il mutato scenario post Covid ha innescato un’impennata dell’ecommerce, cresciuto in un solo anno di ben il 30 per cento. Una tendenza che spiega il vorticoso rialzo dei noli che ha riguardato tutte le principali rotte strategiche, e in particolare quelle Cina-Europa e Cina-USA dove i carrier hanno diminuito in modo repentino la capacità offerta con conseguenti rialzi delle tariffe di trasporto dei contenitori.
Uno spazio importante è quello riservato dal Rapporto all’analisi dei trend registrati dal Canale di Suez che, nonostante le indubbie difficoltà degli ultimi due anni, ha continuato a produrre traffico da e verso il Mediterraneo, capace di rappresentare ancora dopo millenni di vitalità inarrestabile una via privilegiata di transito per i traffici su container. La conferma arriva dai numeri segnati dal Canale, che in piena pandemia ha saputo mostrare una notevole combattività superando agevolmente il miliardo di tonnellate di merci e totalizzando un numero di transiti pari a quasi 19 mila navi, confermandosi così uno snodo strategico per i traffici via mare con un volume di transiti pari a circa il 12 per cento del traffico mondiale e circa il 7 – 8 per cento di quello petrolifero. Numeri che hanno spinto il governo egiziano a potenziare gli investimenti per lo sviluppo e l’allargamento del Canale.
Altro fenomeno legato all’epoca della pandemia stato la congestione dei porti, in particolare quelli nordamericani, spiegabile per un verso con l’incremento della domanda e il conseguente aumento dei volumi di merci, dall’altro con la minore disponibilità di manodopera portuale a causa dei contagi e dei protocolli di sicurezza più rigidi. Un fenomeno analogo a quanto occorso di recente a causa di una ripresa di casi di Covid al terminal cinese di Yantian a Shenzhen, uno dei più importanti del pianeta, vittima di una preoccupante congestione che rischia di coinvolgere tutto l’estremo Oriente, con ritardi a catena sulle navi con un corollario di disagi che rischiano di complicare l’attività di tutte le più importanti catene logistiche e di consegna delle merci.
E l’Italia? Per quanto riguarda lo specifico del nostro Paese è importante sottolineare come, per l’ennesima volta, lo studio confermi in pieno quanto l’import – export marittimo sia una voce vitale per l’economia italiana. Una voce che merita una trattazione dettagliata e approfondita a parte, ma che qui possiamo sintetizzare pur nella sua imponente rilevanza con gli oltre 206 miliardi di euro di valore degli scambi commerciali via mare, quasi equamente divisi in uscita e in entrata. Giova ricordare che il trasporto marittimo e la portualità sono alla base di una proiezione internazionale al sistema manifatturiero di un territorio e come tali vanno inseriti tra le priorità di un Paese che vuole crescere.
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