Lavoro che non c’è, lavoro povero, la perdita di potere reale d’acquisto che coinvolge lavoratori dipendenti e pensionati: nel Paese c’è un evidente problema che riguarda il lavoro e i salari. Il salario minimo è uno degli strumenti per intervenire ma non il solo: noi diciamo anche di rinnovare i contratti e detassare la contrattazione di secondo livello.
Per trovare le risorse la priorità per noi è tassare gli extraprofitti e farlo non soltanto per le aziende del settore energia ma anche per le big pharma. A questo si aggiunge il tema delle tasse: dobbiamo farle pagare a chi oggi non le paga!
Il dramma di questo paese è il lavoro che non c’è, il lavoro povero e insicuro.
Eppure, il Governo parla di occupabili a cui far fare formazione. Ma quando le persone non troveranno lavoro, come al Sud, cosa faremo? Le consegneremo alla malavita?
Bisogna tornare a investire nelle politiche attive che negli ultimi 20 anni sono state smantellate. E, nel mentre, dobbiamo decidere se chi rimane indietro, ha diritto a un aiuto oppure no. Noi pensiamo di sì.
Pensiamo anche che quando si cita la crescita dell’occupazione, bisogna andare a vedere che tipo di occupazione cresce. Purtroppo, è quella precaria e a pagarne il costo sono soprattutto i nostri giovani. Ne abbiamo testimonianza ogni giorno nelle nostre sedi sindacali. La nostra proposta, quindi, è chiara: limitiamo l’abuso dei contratti a termine, come avvenuto in Spagna.
Dovremmo fare anche come Francia e Germania, che quando danno soldi pubblici alle aziende mettono delle condizionalità.
In Italia, invece, continua a vincere la logica del più furbo con 11 miliardi di evasione contributiva e 110 miliardi di quella fiscale a danno di chi le tasse le ha sempre pagate!
Ma Il Governo fa finta di non vedere, facendo il forte con i deboli e il debole con i forti!
Noi non ci stiamo.
Per adesso aspetteremo la Nadef, la manovra e la riforma fiscale. A settembre riprenderemo la nostra mobilitazione e valuteremo le risposte del Governo per scegliersi il da farsi ad ottobre.