Caso Tirrenia, le minacce del debitore: l’estremo abuso di Moby e Cin

Teorema: la società Rossi contrae un debito con la società Bianchi, non lo rimborsa – come non ne rimborsa molti altri – finchè finisce in default e va in procedura fallimentare. Il tribunale – per valutazioni varie, di natura definibile in senso lato “politica” – avalla un concordato preventivo in base al quale ad alcuni creditori (tra cui la società Rossi) viene negato il rimborso dei loro crediti. La Società Rossi si oppone per vie legali all’accordo e ne chiede alla magistratura la revisione. La sentenza è in arrivo: si vedrà cosa accadrà di questa richiesta, se verrà accolta o respinta. Fin qui, tutto proceduralmente normale.

La stranezza (chiamiamola stranezza!) scatta quando la società Bianchi, la debitrice che stava fallendo, preannuncia alla società Rossi che se dovesse produrre, con la sua opposizione all’accordo, “ritardi o impedimenti della corretta esecuzione dei concordati preventivi omologati”, la citerà per danni per circa mezzo miliardo di euro.

Spieghiamoci bene: il debitore minaccia il creditore, diffidandolo dal tutelare i suoi diritti davanti alla legge. Cioè diffidandolo dall’esercitare un proprio diritto. Una minaccia, appunto; interdizione violenta, un affronto al diritto di ogni cittadino di adire all’autorità giudiziaria contro quello che considera la violazione di un proprio diritto……clicca qui

  

  
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