Luchino Chessa, figlio di Ugo, al timone della Moby Prince nella notte del disastro: “Le istituzioni gli hanno gettato addosso tanto fango”
Luchino Chessa, figlio del comandante Ugo, al timone della “Moby Prince” nella notte maledetta del 10 aprile 1991, quella in cui il traghetto, pare, tentò una virata d’emergenza per evitare una piccola imbarcazione che gli aveva tagliato la strada all’uscita del porto di Livorno, andando a schiantarsi contro una petroliera, è intervenuto sulle colonne del quotidiano “La Stampa”.
L’uomo, ai microfoni del giornale, ha commentato: “Lo hanno fatto passare per un irresponsabile, invece mio padre tentò l’impossibile. La turbativa di navigazione era una delle ipotesi che abbiamo sempre portato avanti. Anzi, era una delle nostre prime ipotesi, anche perché abbiamo sempre escluso la storia della nebbia. Una mera invenzione. Ora ci sono dati di fatto acquisiti: la nebbia non c’era, l’accordo assicurativo tra le due compagnie, la morte dei passeggeri e dell’equipaggio non fu istantanea, il ritardo dei soccorsi è conclamato”. Luchino Chessa ha aggiunto che l’equipaggio fece il suo dovere, radunando i passeggeri nei saloni e facendo indossare loro i giubbotti: “Aspettarono invano per 15 o 20 minuti. È una storia che mi fa arrabbiare tanto. Si dice sempre che in mare tutti si aiutano. Quella notte nessuno si mosse”.