La salute mentale dei lavoratori marittimi. Intervista alla Dottoressa Valentina Gigante

L’intervista alla Dottoressa Valentina Gigante evidenzia il ruolo cruciale della salute mentale per i lavoratori marittimi. Vivere e lavorare nello stesso spazio confinato per lunghi periodi può amplificare lo stress e l’isolamento. Le difficoltà psicologiche più comuni includono la nostalgia familiare, la monotonia e la fatica emotiva. Secondo la Dottoressa Gigante, la resilienza da sola non basta: serve un supporto professionale specifico per garantire la sicurezza e il benessere dell’equipaggio.

La formazione alla leadership trasformativa, il peer support e le tecniche di mindfulness possono essere strumenti efficaci per mitigare lo stress. Inoltre, la presenza di uno psicologo a bordo o un supporto remoto qualificato può fare la differenza nella gestione delle difficoltà. Infine, integrare politiche aziendali e sindacali che riconoscano la salute mentale come elemento essenziale della qualità del lavoro marittimo può migliorare significativamente le condizioni a bordo.

Il messaggio principale? Navigare in sicurezza significa anche navigare con serenità e consapevolezza.

Dopo il grande interesse suscitato dall’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, Infomarittimi ha incontrato la Dottoressa Valentina Gigante, psicologa specializzata nel supporto psicologico ai lavoratori marittimi, nota anche come La Psicologa di Bordo. Con lei abbiamo approfondito il ruolo cruciale della salute mentale in ambiente marittimo e l’importanza della presenza di figure professionali competenti sulle navi.

Dottoressa Gigante, quali sono le principali differenze psicologiche che ha osservato tra i lavoratori marittimi e quelli a terra?

«La differenza principale è l’intensità della pressione psicologica. A bordo si vive e si lavora nello stesso spazio confinato per mesi, lontani dagli affetti e con tempi di riposo limitati. A terra, invece, esiste una separazione tra vita privata e lavorativa, e una rete sociale accessibile. In mare, invece, la nave è tutto: casa, ufficio e fonte di stress. Le emozioni si amplificano e piccoli problemi possono diventare gravi emergenze se non gestiti. La resilienza non basta: serve un supporto professionale specifico. In mare, il benessere psicologico non è un lusso, è sopravvivenza.»

Quali sono le sfide psicologiche più comuni che i marittimi affrontano durante i lunghi imbarchi?

«Il senso di isolamento è tra le sfide principali, seguito dallo stress operativo e dalla nostalgia familiare. La monotonia e la fatica emotiva logorano nel tempo. Se non si interviene con strumenti adeguati, si rischia l’insorgere di ansia, depressione o sindromi da stress cronico. La salute mentale a bordo è una componente essenziale della sicurezza: un equipaggio sereno è il primo presidio operativo.»

In che modo la monotonia e la ripetitività del lavoro influenzano il benessere mentale dell’equipaggio?

«La monotonia è un killer silenzioso. L’ambiente isolato e i compiti ripetitivi portano a ipostimolazione: calo di attenzione, irritabilità, errori, crolli emotivi. La lucidità è essenziale a bordo e la psicologia non è un lusso accessorio, ma un presidio attivo di sicurezza.»

Ha notato differenze nella gestione dello stress tra ufficiali, sottufficiali e comandanti?

«Sì. Ufficiali e sottufficiali vivono un maggiore carico di stress rispetto ai comandanti, soprattutto per la gestione del tempo operativo e la solitudine emotiva dovuta al ruolo intermedio. I comandanti, pur sotto pressione, hanno un maggior controllo sulle dinamiche e questo li tutela di più. Senza un supporto competente, l’usura mentale rischia di compromettere la sicurezza di tutta la nave.»

Quali strategie ritiene più efficaci per migliorare il supporto tra colleghi e la leadership a bordo?

«Serve puntare sulla comunicazione reale, sulla formazione alla leadership trasformativa e sulla creazione di momenti di confronto autentico. È fondamentale normalizzare il supporto tra pari (peer support) e insegnare che chiedere aiuto non è debolezza, ma intelligenza operativa.»

Ha sperimentato o implementato tecniche di mindfulness a bordo? Quali benefici ha osservato?

«Sì, tecniche semplificate di mindfulness si sono dimostrate molto efficaci nel ridurre lo stress e aumentare la concentrazione. Piccoli esercizi quotidiani, come la respirazione consapevole, hanno migliorato l’umore e la collaborazione tra i membri dell’equipaggio.»

Quali interventi personalizzati suggerirebbe per affrontare le specifiche difficoltà psicologiche dei marittimi?

«Interventi su misura, calibrati per ruolo ed esperienza. Per i comandanti, gestione dello stress decisionale; per gli operatori, tecniche pratiche anti-burnout. E poi formazione continua, laboratori pratici e brevi sessioni individuali: l’approccio deve essere concreto e flessibile.»

Ritiene utile la presenza di uno psicologo a bordo o un supporto psicologico remoto?

«Assolutamente sì. Ma attenzione: non basta “qualcuno che sa ascoltare”, serve personale psicologico formato specificamente per il contesto marittimo. Il supporto psicologico deve essere integrato nella vita di bordo e trattato con la stessa serietà della sicurezza tecnica

Come potrebbe essere migliorata la formazione dei marittimi in tema di benessere psicologico?

«Cambiare la cultura di fondo: la salute mentale non è un segno di debolezza, è una competenza professionale. La formazione deve essere pratica, obbligatoria e integrata fin dal primo giorno, con aggiornamenti regolari proprio come per la sicurezza antincendio o il primo soccorso.»

Quali politiche aziendali o sindacali potrebbero sostenere la salute mentale dei marittimi?

«Serve integrare il supporto psicologico nelle politiche aziendali e sindacali, garantendo accesso continuo a figure specializzate, programmi di prevenzione e gestione dello stress, monitoraggio del clima relazionale e protocolli di intervento precoce. La salute mentale va riconosciuta come elemento strutturale della qualità del lavoro marittimo.»

La testimonianza della Dottoressa Gigante ci ricorda che sulle navi non bastano buoni ingegneri o ottimi tecnici: servono anche menti e cuori resilienti, supportati da una vera cultura del benessere psicologico. Navigare sicuri oggi significa anche navigare sereni.

Valentina Gigante, la psicologa delle crociere: «Aiuto marinai e ufficiali a superare la nostalgia e a risolvere le liti»

di Francesco Bottazzo

La professionista di Marghera si è inventata questo lavoro da zero: «La cosa più delicata è la comunicazione: fra persone di paesi diversi cambia tutto, e si fraintende con facilità. Adoro il mio lavoro, ma quando scendo da una nave ho bisogno di tre giorni tutti per me»….clicca qui

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