Il mondo del mare s’incontra e propone. Ma pochi ascoltano la voce delle onde

Nicola Silenti

Il 6 marzo scorso si è svolta presso la Commissione attività produttive della Camera, l’audizione di Confindustria Nautica nell’ambito di una indagine conoscitiva del made in Italy. Nella occasione Confindustria Nautica – Associazione senza fini di lucro che rappresenta le industrie e le imprese della nautica italiana sostenendo il relativo sviluppo — ha ricordato i numeri del settore poco noti sia al Paese che alla classe politica. Qualche giorno prima e precisamente il  24 febbraio si sono riuniti a Roma gli stati generali delle Camere di commercio richiamando l’economia del mare e l’importanza del suo settore che genera circa 150 miliardi di euro. Durante l’evento è stato anche illustrato il X Rapporto sulla economia del mare realizzato da Unioncamere con il richiamo al Summit nazionale sulla Economia del mare in programma a Gaeta dal 25 al 27 maggio 2023. Dall’8 all’11 marzo si è svolta invece la kermesse della logistica al Verona Fiere durante la quale sono stati trattati i temi caldi e le criticità della intera filiera della logistica integrata con un ampio confronto con il Governo.

Oltre a questi eventi che hanno aperto la stagione 2023 ,ci sono stati anche altri  congressi e incontri con la partecipazione di tutte le Associazioni del settore, i sindacati e i rappresentanti del cluster marittimo italiano in un confronto con il Governo sull’economia del mare proprio per convincere le istituzioni sull’importanza di questa materia. Ovviamente di tutto quanto  illustrato, è stato dato ampio spazio su tutti i periodici e le riviste che trattano del comparto marittimo italiano da tutti stimato e noto come una delle realtà più proficue e dinamiche dell’economia e dell’industria italiana.

Da una attenta analisi degli atti e dei contenuti sviluppati durante gli eventi sopra descritti, si evince che le istituzioni e gli addetti ai lavori si sono confrontati su vecchie e nuove realtà del mondo dello ”shipping” come la sicurezza del lavoro nella logistica portuale,il futuro delle autostrade del mare, il ruolo dei porti di fronte al cambiamento dei mercati internazionali, la nazionalità degli equipaggi, la natura giuridica delle Autorità portuali, i problemi del turismo nautico etc. Salvo qualche eccezione, non si osserva però nel confronto l’inclusione in maniera adeguata di tutte le varie  criticità che colpiscono la “Gente di mare” ed in particolare la mancata stabilizzazione del lavoro, le difficoltà che incontrano i giovani allievi durante il loro percorso formativo per conseguire i titoli professionali, tra l’altro da ripristinare, la miriade di corsi molti dei quali dovrebbero essere fatti a bordo per non parlare della scarsa attenzione che viene riservata verso i marittimi del diporto che costringe molti di loro a ricorrere a certificazioni estere.

Sarebbe inoltre auspicabile un maggior sostegno agli Istituti nautici, agli Alberghieri e agli ITS per la nota carenza di personale specializzato in  possesso di requisiti che possano rispondere alle nuove esigenze del settore. Indubbiamente la struttura e la competitività dei differenti  e vari segmenti che compongono il cluster marittimo italiano meriterebbe una analisi più dettagliata di quella descritta atteso che il settore della economia del mare rappresenta un volano importante per la crescita economica del Paese ed è per questo che ci accodiamo speranzosi nel sostenere che in Italia la “politica marittima è stata trascurata per molto tempo ed è per questo che è stato creato il ministero delle politiche del mare come luogo di coordinamento e programmazione” come dichiarato dal ministro Nello Musumeci durante la sua audizione in Commissione trasporti e ribadito nel suo intervento agli Stati  generali delle Camere di commercio sull’Economia del mare il 24 febbraio 2023. Nel concludere e chiedendo scusa per la ripetizione, da vecchio marittimo non posso non ricordare una flotta di 1400 navi e i circa 40.000 marittimi impiegati che meriterebbero maggiore attenzione.

  

  
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