Avrebbe usato il patrimonio di Cin per debiti personali, Onorato verso il processo

Con l’accusa di aver depauperato il patrimonio di Cin, attraverso “condotte di dissipazione o distrazione” tali da determinare non solo “il sistematico drenaggio di risorse (…) a favore di Moby” per far fronte agli “oneri finanziari” dovuti all’acquisizione del suo controllo e di quello della stessa Cin, ma anche per “ripianare (…) debiti personali verso banche” o per compensi “incongrui”, la Procura di Milano ha chiuso le indagini per bancarotta, in vista della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Vincenzo, Achille e Alessandro Onorato. Contestati anche 700 mila euro per il noleggio di jet e auto di lusso.

I pm di Milano Roberto Fontana (ora al Csm) e Luigi Luzi, hanno contestato all’armatore Vincenzo Onorato e ai figli Achille e Alessandro, il primo amministratore di fatto e gli altri due di diritto della Cin, ammessa al concordato preventivo nel giugno 2021, quattro episodi di bancarotta. Uno è legato alla ‘scalata‘ di Cin e di Moby, società quest’ultima di cui il padre Vincenzo è stato anche presidente con deleghe del Cda e i secondi amministratori: i tre avrebbero privato Compagnia Italiana di navigazione “della liquidità occorrente per il regolare adempimento delle proprie obbligazioni e in particolare quella del pagamento del saldo del prezzo di acquisto del ramo d’azienda dall’amministrazione straordinaria di Tirrenia s.p.a”, in particolare con una “operazione funzionale all’acquisizione del controllo totalitario, da parte della famiglia Onorato, di Moby s.p.a. e di Cin s.p.a.”.

Tra le varie contestazioni si addebita all’armatore il compenso “per la carica di presidente del consiglio d’amministrazione nel triennio 2016-2018 dell’importo annuo di 3 milioni, manifestamente incongruo rispetto ai valori sia medi (circa 600 mila) che massimi (circa 1.400mila)” degli stipendi versati da ” società italiane operanti nel settore di dimensioni comparabili (e doppio rispetto alla media di analoghe società estere)”. Sempre lui risponde anche dell’acquisto, nel luglio 2017 e al prezzo di e 7 milioni (oltre 640.000 euro di spese notarili)”, di un immobile – utilizzato “in gran parte per ripianare i debiti personali verso banche” – in Piazza San Babila a Milano: la cifra versata sarebbe superiore di 2 milioni rispetto al valore di mercato e l’acquisto sarebbe avvenuto “con falsa indicazione nella relativa delibera” del cda “della destinazione del bene” che in realtà non era “di rappresentanza della società” bensì la sua “abitazione” milanese. Lo stesso sarebbe accaduto per l’”acquisto e ristrutturazione” da 4,45 milioni di euro di Villa Lilium ad Arzachena, in Costa Smeralda, non “sede di rappresentanza e convention” ma “casa per vacanze di membri della famiglia”. E poi ci sono le spese per la ristrutturazione, tra il 2019 e il 2020, di appartamenti a Napoli di proprietà della madre di Vincenzo Onorato per circa 700 mila euro. Stessa cifra spesa per il noleggio di autovetture di lusso e un Falcon 2000ex per gli spostamenti dei tre indagati.

“Non condividiamo gli esiti di tali valutazioni” della Procura di Milano “per un fondato e corposo ordine di ragioni sia fattuali che giuridiche, che avremo presto modo di rappresentare ai magistrati per dimostrare la perfetta legittimità dell’operato della famiglia Onorato. Naturalmente continuiamo a manifestare profonda fiducia nelle istituzioni e nella Magistratura in particolare”. Lo scrive l’avvocato Pasquale Pantano, difensore della famiglia Onorato. “Nessuna sorpresa, eravamo a conoscenza di queste indagini da tempo. Abbiamo collaborato in totale trasparenza con gli organi inquirenti”, ha proseguito il legale aggiungendo che “i rilievi più significativi mossi ai miei assistiti hanno ad oggetto valutazioni relative ad attività molto complesse”.

fonte https://www.sardiniapost.it/economia/avrebbe-usato-il-patrimonio-di-cin-per-debiti-personali-onorato-verso-il-processo/

  

     
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