Navi nel Registro internazionale – 4,
limiti di applicabilità degli sgravi

L’accesso alle agevolazioni prevede una quota minima di navi iscritte nei registri degli Stati europei e il rispetto della normativa giuslavoristica per l’arruolamento del personale

L’estensione degli sgravi fiscali e contributivi di cui agli articoli 4, 6 e 9-quater del Dl n. 457/1997 in favore delle imprese operanti nel settore della navigazione internazionale anche alle navi iscritte nei registri degli Stati dell’Ue o del See (oggetto del precedente approfondimento) incontra alcuni limiti e condizioni di applicabilità, che sono, in parte, dovuti all’esigenza di garantire una omogeneità di trattamento rispetto alle navi iscritte nel “Registro internazionale” (domestico) ed in parte, derivanti da impegni assunti dalle autorità italiane in fase di notifica della proroga dei predetti regimi agevolativi, allo scopo di conformare le disposizioni agli orientamenti europei in materia di aiuti di Stato del settore marittimo.
Si fa riferimento, in particolare, agli articoli 6-ter, comma 3, e 6-quater del Dl n. 457/97, entrambi introdotti dal Dl n. 144/2022.

Rispetto delle disposizioni previste per il “Registro internazionale”
In base al comma 3 dell’articolo 6-ter, la possibilità di estendere i benefici alle navi iscritte nei registri degli Stati dell’Ue o del See è condizionata al rispetto di quanto previsto dagli articoli 1, comma 5, e 3 del Dl n. 457/97 e delle “disposizioni concernenti la composizione minima dell’equipaggio e le tabelle di armamento”.
Il rinvio alle citate disposizioni implica l’applicazione, anche per le navi dei registri Ue/See, delle medesime disposizioni che le navi del Registro internazionale già applicano fin dall’origine.
Si tratta, in primis, del complesso normativo contenuto nella “legge regolatrice del contratto di arruolamento del personale” (che detta le condizioni economiche, normative, previdenziali ed assicurative dei marittimi italiani o comunitari imbarcati sulle navi iscritte nel Registro internazionale) e degli appositi contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore (per effetto del rinvio all’articolo 3 del Dl n. 457/1997); e delle disposizioni relative alla composizione minima dell’equipaggio e alle “tabelle di armamento”.
Inoltre, tenuto conto che la disciplina riguarda le navi adibite alla “navigazione internazionale”, la normativa richiede il rispetto di specifici limiti in materia di “servizi cabotaggio” (secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 5 del Dl n. 457/979), cioè dell’attività di spedizione di merci nazionali fra porti di uno stesso Stato.

Rispetto degli impegni assunti in sede europea
L’articolo 6-quater, introdotto in ottemperanza alle indicazioni dell’Unione europea, stabilisce, quale condizione per l’applicazione delle agevolazioni previste dagli articoli 4, 6 e 9-quater, che le navi iscritte nei registri degli Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, ovvero battenti bandiera di tali Stati, costituiscano almeno il 25% del tonnellaggio della flotta dell’impresa (comma 1).
Come chiarito nella relazione illustrativa, tale disposizione mira ad ottemperare ad un preciso impegno assunto dalle autorità italiane in fase di notifica della proroga del regime, cioè di introdurre una disposizione che garantisca che “i beneficiari ammissibili al regime a favore del registro internazionale abbiano una percentuale minima di navi battenti bandiera di Stati dell’UE o del SEE, pari al 25 %” (nota 34 della decisione C (2020) 3667 final dell’11 giugno 2020 di autorizzazione della Commissione europea).
Accanto a tale limite riguardante la quota minima di navi iscritte nei registri degli Stati europei, previsto al comma 1, il successivo comma 2 prevede un ulteriore limite relativo al tonnellaggio della flotta del beneficiario. Con riferimento al naviglio battente bandiera di Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, infatti, qualora la quota di tonnellaggio sia inferiore al 60 per cento, fermo restando il rispetto del precedente limite, sussiste un contestuale obbligo di “incremento” della quota, e, una volta raggiunto, un obbligo di mantenere o aumentare tale quota (nota 30 della citata decisione).
Nell’ipotesi in cui la quota di tonnellaggio delle navi battenti bandiera Ue/See sia superiore al 60 per cento, l’impresa è obbligata a garantire esclusivamente che la quota di tonnellaggio delle navi iscritte nei registri degli Stati dell’Ue o del See ovvero battenti bandiera di tali stati, risulti comunque superiore al 60 per cento.
Nella relazione illustrativa viene evidenziata la duplice finalità della disposizione, quella di dare completa esecuzione agli impegni assunti nei confronti dell’esecutivo comunitario in sede di notifica della proroga del regime, nonché quella di “incentivare il rimpatrio, nell’ambito dell’Unione europea, della direzione strategica e commerciale di tutto il naviglio interessato, promuovendo il raggiungimento in ambito nazionale della quota del 60 per cento delle navi iscritte sotto una bandiera dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo”.
Tuttavia, viene anche sottolineato come il legislatore abbia voluto, in realtà, assegnare alla disposizione in esame un “carattere meramente programmatico”, dal momento che non ha previsto alcuna conseguenza per il mancato rispetto di tale quota. Una diversa soluzione, come precisato, avrebbe comportato un’estensione della misura anche in favore delle navi di Stati non appartenenti all’Unione europea, con conseguenti oneri per la finanza pubblica.

fonte https://www.fiscooggi.it/rubrica/analisi-e-commenti/articolo/navi-nel-registro-internazionale-4-limiti-applicabilita-degli

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