La malattia professionale nel settore marittimo

Pasquale De Dilectis

Le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori marittimi sono state oggetto di molte analisi sia sotto il profilo prettamente sanitario che sotto quello legale e legislativo.

La qualificazione di una patologia come “professionale”, nel settore marittimo come in tutti gli altri settori lavorativi, diventa risolutiva se viene accertato e dimostrato il nesso causale tra la malattia contratta e il lavoro svolto, le condizioni ambientali in cui si esercita la propria mansione e i fattori di rischio esterni che quel determinato lavoro comporta e se questi sono insiti nei rischi che quel determinato lavoro comporta.

E’ fondamentale e preliminare dunque, che il medico stabilisca l’eziopatogenesi della malattia ossia, appunto, il nesso causale tra il lavoro esercitato e la malattia.

Uno dei problemi persistenti, per quanto concerne il riconoscimento del danno biologico, è la distinzione tra la malattia “comune” e la malattia “professionale” e il conseguente rischio ad essa connesso tanto che intorno gli anni Sessanta la legislazione in materia di lavoro, ha nettamente distinto le due tipologie di malattia.

La malattia professionale si distingue dagli infortuni perché essa trova nell’attività lavorativa non l’occasione ma la causa che agisce lentamente sullo stato di salute del lavoratore.

Come gli autisti, anche i lavoratori del settore marittimo possono ammalarsi a causa delle vibrazioni subite nello svolgimento delle loro mansioni in quanto la prolungata esposizione al moto ondoso di una nave può provocare una discopatia di origine professionale meritevole quindi della tutela da parte dell’Inail.

Oltre la comune ernia discale, il più grande nemico dei lavoratori del settore marittimo è senz’altro l’esposizione prolungata a polveri e fibre di amianto.

Il largo utilizzo di questo materiale tossico, significativamente presente nel settore navale fino a quando (L.27 marzo 1992, n.257) è stato in Italia definitivamente bandito, ha determinato e ancora oggi determina, una vera e propria strage silenziosa tra questi lavoratori. Recenti studi scientifici hanno rilevato numeri preoccupanti di operatori del mare che contraggono malattie professionali polmonari in gran parte del territorio nazionale: dalla Liguria alla Campania, alla Puglia, alla Sardegna e alla Sicilia.

Secondo le stime dell’osservatorio nazionale amianto, la “fibra killer” ha causato tra i naviganti italiani più di 1.800 vittime, un dato parziale, considerando che le patologie asbesto correlate possono insorgere anche dopo 20 anni.

Il Direttore Provinciale
F.to Pasquale De Dilectis

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