Per il Ministero del Mare. Fare presto e fare bene

di Nicola Silenti

La XIX legislatura del Governo Meloni ,partita il 22 ottobre 2022, come è noto,annovera tra i ministeri senza portafoglio anche il ministero del Mare affidato a Nello Musumeci. Dai settori dei porti allo shipping, dagli agenti marittimi agli spedizionieri, dalla logistica all’autotrasporto e alla cantieristica, gli uomini e le donne che col proprio lavoro quotidiano realizzano l’economia del mare si stanno chiedendo quali saranno le competenze e le deleghe che verranno assorbite da detto dicastero per disciplinare una materia, quella del mare, che rappresenta un settore strategico e un pezzo fondamentale dell’economia italiana.Dal disegno di legge presentato al Senato il 5 novembre 2018 da Fratelli d’Italia si legge, tra l’altro, che”al ministero del Mare sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di :protezione del mare ,intesa come tutela, difesa , vigilanza e controllo dell’ecosistema marino e costiero; navigazione marittima; pesca e acquacultura; valorizzazione e implementazione dell’intero sistema marittimo nazionale”.

Dall’esame del suddetto disegno di legge si evince dunque la volontà di mettere a sistema la gestione dell’intero cluster marittimo italiano con una struttura in grado di recuperare  rinnovando, le esperienze e il know-how del ministero della Marina Mercantile. La gestione dei fondi del PNRR destinati al trasporto marittimo investe indubbiamente anche le scelte delle competenze da assegnare al nuovo dicastero ; fondi che attualmente sono nelle competenze del MIMS .

Come riportato dalla stampa del settore inoltre il ministero del Mare dovrà chiarire i dubbi che una parte del cluster marittimo italiano nutre sulla sua creazione.Dubbi che non interessano altri paesi del Mediterraneo come la Grecia,Cipro,Francia e Spagna che hanno dimostrato la necessità di avere un ministero del Mare che ,tra l’altro,sarebbe anche un riferimento in tema di aggiornamento e prospettive occupazionali.Eppure anni fitti di incontri e congressi sull’economia del mare non sono bastati a convincere le istituzioni sull’importanza del pianeta mare .Chi naviga o ha navigato nelle acque del comparto marittimo italiano ben conosce lo strano destino di questo mondo ,da tutti stimato e noto come una delle realtà più proficue e dinamiche dell’economia e dell’industria italiana con una realtà inoppugnabile che vede ben un quarto del Prodotto interno lordo italiano dipendere dal mare. Un dato impressionante suffragato dalle cifre del trasporto via mare con un alleggerimento dei trasporti terrestri e un risparmio di costi esterni.Secondo i dati forniti dal nono rapporto “Italian Maritime Economy “di SRM, l’Italia in UE è al secondo posto ,dopo la Germania, per produzione di valore aggiunto sul trasporto marittimo con un import-export che ha sfiorato i 185 miliardi di euro con un aumento del 42% rispetto all’anno precedente caratterizzato ancora dalla emergenza Covid con ottimi dati sui traffici portuali che hanno raggiunto nel primo semestre 2022 i 244 milioni di tonnellate . Per continuare con i numeri che emergono dai vari rapporti compilati per la economia del mare ,si registrano 540 mila posti di lavoro, fatturato di 84 miliardi, il 25% del Pil nazionale, una flotta di circa 1400 navi ,230 mila imprese ed infine ,dato importante per chi scrive, circa 40.000 marittimi che lavorano sulle navi italiane.
Numeri che sono la riprova della portata straordinaria di un comparto essenziale ,erede di una tradizione legata a doppio filo all’anima della nazione che conferma la sua identità di piattaforma del mare, destinata a recitare un ruolo da protagonista nel Mediterraneo.

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