UNA STRANA NEBBIA: Il tragico epilogo della Moby Prince, nella relazione della Commissione d’inchiesta parlamentare.

Dal blog di Decio Lucano. Pubblichiamo quanto risulta dalla relazione ufficiale, senza preconcetti o accuse verso persone e istituzioni, con il parere autorevole del comandante Tobia Costagliola.

Caro Decio, ti ringrazio per il tuo messaggio con l’allegato. Questo evento così tragico  é ancora tutto da riscrivere ,ne abbiamo scritto “ad  abundantiam”, tu per prima, a partire dagli anni ’90 e, poi, insieme a me , negli ultimi 10 anni .

La vera storia, l’abbiamo raccontata alla luce  delle conoscenze a nostra disposizione, tra cui non è trascurabile la nostra  mera “deformazione” professionale di “ex marittimi”  gradualmente arricchita dalla documentazione scaturita dalle varie inchieste  e commissioni. Né più né meno le stesse “carte” che hanno consentito a Federico Zatti, una perla rara del nostro giornalismo, di scrivere “Una strana nebbia” in cui lui ha intravisto ciò che tanti suoi colleghi, solo animati dallo smodato desiderio di ” scoop” non hanno visto pur avendo la stessa possibilità di leggere i dossiers e ragionarci sopra.

Salvo tua diversa opinione, propongo di salvare il testo da te preparato e farlo seguire dal mio testo generato dalle ultime notizie.

Tobia Costagliola

UNA STRANA NEBBIA

 Il caso Moby Prince dopo 30 anni riemergono molte verità

Il libro di Federico Zatti edizioni Mondadori , aprile 2021, Una strana nebbia. Le domande ancora aperte sulla tragedia Moby Prince (davanti a Livorno ) è da rileggere perchè come dice il sottotitolo alle domande di allora e degli ultimi tempi ci sono molte risposte. Un dossier ricavato dai tanti documenti che emergono.

Sono passati trent’anni da quella che ancora oggi rimane la più grande tragedia della nostra marina civile. La sera del 10 aprile 1991 il traghetto di linea “Moby Prince”, in partenza dal porto di Livorno e diretto a Olbia, entrò in rotta di collisione con la petroliera “Agip Abruzzo”, all’ancora in rada, sfondandone la fiancata di dritta e provocando un incendio in cui persero la vita centoquaranta persone. La causa dell’incidente venne attribuita fin da subito a un errore del comandante della “Moby Prince”, morto nel disastro, e a una fitta nebbia improvvisa. Ma sulla plancia del traghetto quella sera c’era Ugo Chessa, uno dei migliori comandanti in circolazione, e la visibilità era buona. I soccorsi furono tardivi, ma quando i pompieri riuscirono finalmente a domare le fiamme e a salire sulla “Moby Prince” trovarono quasi tutti i corpi dei passeggeri riuniti al centro della nave: molti avevano le valigie con loro e indossavano il giubbotto di salvataggio, pronti ad affrontare l’emergenza. Ma com’è possibile? Non doveva trattarsi di un incidente che aveva colto tutti di sorpresa? Evidentemente no. Nel 2006 la procura di Livorno decise di riaprire le indagini in seguito alle richieste del legale dei figli del comandante Chessa, senza raggiungere però dei risultati concreti. Grazie alla caparbietà dei familiari delle vittime e alla sensibilità di alcune figure istituzionali, il 22 luglio 2015 nacque la commissione parlamentare d’inchiesta sulla “Moby Prince”, la cui relazione finale ha smontato molte delle verità sedimentate in anni di processi e posto nuovi e inquietanti interrogativi. Partendo da qui, Federico Zatti ricostruisce con dovizia di particolari quanto accaduto quella notte, ma ora la documentazione resa disponibile accusa istituziomi e uomini che volenti o no hanno mentito. (DL)

Ancora Moby Prince, 31 anni dopo

Il 30 aprile scorso ricorreva l’anniversario della tragedia, ancora viva nella nostra memoria, in cui persero la vita 140 persone con un solo superstite. E ogni anno, in questa triste ricorrenza, la stampa e i mass media in genere, con tanto sadismo, superficialità e approssimazione, anticipano ulteriori presunte e inconcludenti rivelazioni che” finalmente, potranno far luce sulla verità”.

Quest’anno, invece, a 5 mesi dall’ultimo anniversario e, a 31 anni dall’avvenimento, in piena campagna elettorale, viene annunciato dal solito politico a cui nel nostro paese si è soliti dare la presidenza di una commissione di inchiesta, senza averne alcuna conoscenza e competenza, la notizia “bomba” che “La collisione fu causata da una terza nave”. Un respiro di sollievo per tutti, dunque! Crollano, così, tutte le fantasticherie di bombe, complotti, manovre Nato o invasione di alieni… Ma vediamo le dichiarazioni di Andrea Romano, presidente della Commissione parlamentare dell’inchiesta, iniziata soltanto il 13 luglio 2021, che nei giorni scorsi, come vedremo, ha dovuto presentare la relazione conclusiva, ovviamente approvata all’unanimità. Ecco uno stralcio dalle dichiarazioni dell’onorevole riportate dall’ agenzia ANSA e da tutte le testate nazionali:

 «La Moby Prince è andata a collidere con la petroliera Agip Abruzzo per colpa della presenza di una terza nave, comparsa improvvisamente davanti al traghetto, che provocò una virata a sinistra che ha poi determinato l’incidente. Purtroppo questa nave non è ancora stata identificata con certezza.» (ndr: ma dopo 30 anni esiste ancora?).

«Siamo arrivati alla conclusione che le condizioni di visibilità, la sera della collisione, fossero buone, se non ottime, con vento di brezza e mare calmo. Inoltre abbiamo accertato, senza ombra di dubbio, grazie a studi scientifici (sic!) eseguiti in modo approfondito, che la petroliera Agip Abruzzo, contro la quale andò a collidere il traghetto Moby Prince, si trovava ancorata in rada, in una zona dove, invece, c’era il divieto di ancoraggio». (n.d.r.: è questa una valida spiegazione dell’evento, sia dal punto di vista nautico, scientifico e legale?).“Eni, che è una grandissima società ed è un vanto nazionale, forse sapeva che Agip Abruzzo si trovava dove non doveva essere, forse sapeva anche del black out o del vapore e perfino che forse era coinvolta in attività di bunkeraggio clandestino: noi abbiamo chiesto i materiali delle inchieste interne ma non li

abbiamo avuti. Spero che chi lo farà in futuro sia più fortunato di noi. Quei documenti per i quali rinnovo l’appello a renderli pubblici possono contribuire a scrivere un altro pezzo importante di verità di quella tragica notte”.

“L’esplosione si produsse subito dopo la collisione ma non abbiamo ancora risposte esaustive sulla presenza di tracce contaminate trovate a bordo per le quali sarebbero serviti ulteriori accertamenti che però non abbiamo potuto fare perché abbiamo terminato le indagini con la fine della legislatura in vista delle prossime elezioni.”

“La commissione d’inchiesta sulla tragedia del Moby Prince, che, lo ricordo, è stata la più grande catastrofe della marineria civile italiana. La relazione approvata all’unanimità non è un risultato banale, anche se siamo in campagna elettorale, ma dimostra che sulla necessità di fare chiarezza su determinate questioni non ci si può dividere”.

Qualche commento sulle “clamorose”conclusioni della seconda commisione parlamentare d’inchiesta diretta da Andrea Romano

Mio primo commento a caldo: che cosa c’è di nuovo in queste notizie? Nulla! Si tratta di una diversa lettura o nuova interpretazione di elementi e fatti già evidenziati e forse sottovalutati negli ultimi trent’anni; ma qualcuno parla anche di depistaggi.  Ovviamente, su queste dichiarazioni si è subito scatenata la stampa che, mentre prendeva atto che, gran parte dei fantasiosi scenari “immaginati“ negli ultimi trent’anni, sono svaniti e che si profila, all’orizzonte, l’auspicata riabilitazione del Comandante per cui il defunto figlio Angelo e tutta la famiglia si sono battuti e si stanno ancora battendo insieme all’associazione “Io sono 141”. Solo grazie all’insistenza ed alla tenacia dei familiari delle vittime, è stato possibile, con quest’ultima commissione d’inchiesta, aprire un piccolo squarcio di verità e messo dei tasselli per ricomporre il puzzle. Luchino Chessa, figlio del comandante Chessa ha dichiarato: “E’ la prima volta che sono solo, sento un vuoto terribile (ndr. dopo la recente morte del fratello Angelo). Voi, politici virtuosi, avete fatto un lavoro bellissimo, avete aperto uno squarcio di verità e messo dei tasselli per ricomporre il puzzle”. Certo, ha proseguito, “la mancanza dell’esplosione ci fa cadere un castello. Dobbiamo capire chi è che ha depistato finora”. Nicola Rosetti, dell’Associazione “Io sono 141”: “Mancano due persone importanti, proprio quelle che ci hanno insegnato come si rispettano le istituzioni anche quando le istituzioni non rispettano noi. Bisogna ancora andare avanti per capire chi ha depistato, probabilmente dei pezzi dello Stato. Siamo vicini alla fine ma tanto rammarico per la fine della legislatura che ha fatto chiudere anzitempo la commissione” (Cfr. Federico Zatti Rai News).

Ancora: molto suggestiva l’immagine della terza nave che si pianta, improvvisamente, davanti al Moby (così è stato detto e scritto). Perché non crederci? Senza poter ascoltare la versione del comandante defunto, ammettiamo che sia andata così. Ci giunge in aiuto, da Livorno, Marco Gasperetti del Corriere della Sera, che vedo per la prima volta interessarsi a questo tipo di vicende (in verità, io mi ero abituato all’editorialista Marco Imarisio, ma lui, quanto ne sa?): “Adesso la verità è davvero all’orizzonte. E trentuno anni dopo la strage, i 140 morti del Moby prince e i loro familiari possono sperare di avere giustizia. A provocare il disastro del traghetto che alle 22.03 del 10 aprile

1991 finì contro la petroliera dell’Eni Agip Abruzzo, non furono bombe, avarie, manomissioni, nebbia o errori dell’equipaggio, come fino ad oggi si era raccontato, ma una terza nave, forse un peschereccio d’altura somalo, che il Moby si trovò improvvisamente davanti alla prua. Per evitare la collisione, il traghetto fu costretto ad una drammatica manovra e finì contro la petroliera Agip Abruzzo ancorata in posizione irregolare, con le luci spente e avvolta da una nuvola di vapore acqueo provocata da un’avaria”.

La nave o psechereccio che compare all’improvviso

Commento del sottoscritto “avvocato del diavolo”: si può obiettivamente ritenere che quanto sopra riportato possa essere la chiave di soluzione per questa “ancora misteriosa” tragedia? Ma c’è ancora tanta ingenuità a questo mondo? Mi permetto di parlare da ex capitano, ex manovratore ed ex ecc. ecc. Non mi è mai capitato, con buona visibilità, di trovarmi, improvvisamente, davanti alla prua, una nave o un peschereccio. Potrebbe capitare solo a chi dorme e si sveglia, all’improvviso, giusto in tempo per reagire o per “morire”.

Ma su una nave, in quelle condizioni, non c’è solo una persona ma ,almeno, un ufficiale di guardia e il Comandante e qualche vedetta, o no? Ma non può essere il nostro caso. Il mio esempio potrebbe forse calzare con il caso di un navigatore solitario, magari su un catamarano, morto di sonno, che si sveglia all’improvviso….

Qualcuno potrebbe anche pensare che questo può accadere, normalmente in caso di nebbia e, allora, in questa ipotesi, allo svanire della nebbia, potrebbe apparire all’improvviso, una nave davanti alla prua. Ma neanche questo mi pare sia il nostro caso. La presenza e l’uso di uno o più radar dovrebbe prevenire questa eventualità. Posso affermare con cognizione di causa che provetti capitani e marinai, sugli antichi velieri, riuscivano a scongiurare simili abbordi in mare, in tempo di nebbia, già quando il termine “radar” era ancora sconosciuto.

Ma continuando a supporre che sia vera la presenza di questa nave. Ne consegue che il comandante Chessa abbia abilmente manovrato per scansarla e c’è riuscito.

Però questa nave si è volatilizzata (o affondata? Bisognava chiederlo all’Amm. Albanese o al Cap.de Falco che era già lì in quel tempo …) Tuttavia, l’accostata necessaria per scansarla ha, a sua volta, distolto la Moby dalla rotta originale, al punto da farne incastrare la prora nella cisterna n.7 della petroliera, innescando così il tremendo scenario ormai a tutti noto. La collisione resta un fatto certo, no?

E allora sorge spontanea un’altra domanda: che cosa ci faceva la Moby così vicina alla petroliera? Si presuppone che la Moby debba aver certamente avvistato la petroliera, già all’uscita dal porto, con radar e ad occhio nudo. A quel punto, l’occhio attento del responsabile in plancia deve aver necessariamente, per sua esperienza e conoscenza, regolato la rotta non per Olbia, ma per passare almeno a circa 500 metri dalla poppa della petroliera. E’così che si fa, o mi sbaglio?

Parlo della poppa perché sia le norme vigenti che l’esperienza suggeriscono che non è salutare passare a pochi metri dalla prora di una nave all’ancora. Ergo, mi dispiace dirlo, la Moby sarebbe andata a sbattere, comunque, anche senza la presenza della nave fantasma. Spero che questa nave si possa rintracciare presto (dopo 31 anni…) così si potrà far luce su questo aspetto così determinante.

Le attività notturne dell’Agip Abruzzo

Vi riporto un’altra rivelazione riportata negli elementi “a carico” della nave Agip Abruzzo che, secondo me, da come è stata formulata, resta una mera amenità: “Il black out a bordo della petroliera pochi minuti prima della tragica collisione la rese invisibile davanti agli occhi del comando del traghetto Moby Prince”. E siamo di nuovo davanti al mistero della visibilità o invisibilità, ma mi fermo qui.

Altra scoperta, frutto di profonda intuizione o tardiva constatazione, che ha fatto esultare tutti gli interessati a questa tragedia: la petroliera era ancorata in una zona proibita. Da ciò, si potrà mai dedurre, che, a Livorno, se una nave si ancora in quella zona proibita, magari lasciandone qualche metro fuori posto, viene “punita “direttamente dalla prima nave che esce dal porto, andandovi a sbattere contro? Non sarebbe stato meno invasivo e meno cruento un sanzionamento ed una ingiunzione a muoversi da parte dell’Autorità Marittima?

In tutto il mondo quando queste cose accadono, un’Autorità Marittima che si rispetti, sempre istituzionalmente vigile ed attenta, interviene già durante l’ancoraggio per le opportune correzioni. Nel nostro caso, sono stati finanche chiamati degli scienziati che, dopo laboriosi accertamenti, hanno decretato che la nave era al centro della zona proibita.

Di questi accertamenti ne abbiamo parlato già lungamente; non voglio più parlarne anche se sarei ben felice di parlarne con questi scienziati. Ma mi viene da dire: la Capitaneria dov’era? Sarà pur stata interpellata?

Ulteriori elementi che, secondo Romano e i commenti della stampa, inducono ad un maggior ottimismo per il raggiungimento della verità, è la conferma, però finora non avvalorata da riscontri, della presenza di una o più bettoline “probabilmente impiegate in un’azione di bunkeraggio di petrolio di contrabbando con la petroliera Agip Abruzzo”.  Dopo trent’anni, tutti gli osservatori anche più distratti, dovrebbero aver imparato che, tra le attività di una petroliera in rada, oltre alle operazioni di bunkeraggio, vi sono anche operazioni di discarica “sloops” che non vengono menzionate tra le supposizioni perché si preferisce un argomento più “piccante” Ma si dovrebbe anche sapere che qualsiasi operazione del genere si può eseguire solo con tanto di autorizzazione e controllo dell’Autorità Marittima. E’ ovvio che, se si tratta di contrabbando, lo si fa senza permessi. Ma vi sembra mai possibile che sia accaduto ad una nave dell’ENI, proprio in quella rada? Ma, anche qui, sarebbe interessante conoscere le spiegazioni dell’Autorità Marittima: sapeva che c’erano queste strane attività in rada? Non avevano visto niente? Ma fin quando le bettoline resteranno dei fantasmi, come la nave, sarà difficile avere dei riscontri. E allora quali sarebbero le novità annunciate?

La relazione letta da Romano «concorda con le censure già mosse in tema di mancato soccorso alle persone imbarcate sul traghetto da parte della Capitaneria di Porto di Livorno» e ribadisce che «quanto posto in essere da parte dell’equipaggio del Moby Prince dopo la collisione, ovvero l’avere raccolto tutti i passeggeri nel salone “de luxe”, certamente per un tempo molto lungo, sia stato un comportamento di valore e coraggio straordinari. I membri dell’equipaggio, infatti, sono eroicamente rimasti ai posti assegnati, nel tentativo disperato di salvare i passeggeri con loro imbarcati».

Conclusioni

Mentre attendiamo di avere una visione chiara del carteggio dell’inchiesta, se ci sarà concesso, faccio ancora due considerazioni non trascurabili ma non nuove nelle pagine di questo blog.

Cause e responsabilità della tragedia: l’esito di quest’ultima commissione di inchiesta sembra preannunciare qualche novità che si spera possa definitivamente chiarire tutti i punti oscuri. Nel frattempo, come già accertato nella precedente inchiesta, sembra sia stato fugato ogni dubbio sul comportamento del comandante Chessa la cui onorabilità e immagine professionale può considerarsi riabilitata senza ulteriori dubbi, depistaggi e inconcludenti indagini. Dobbiamo, purtroppo, prendere atto dopo 31 anni, che, si è cercato di deviare, palesemente la generale attenzione proprio sul Comandante, sulla nebbia ecc. Ma ora che tutti i dubbi sono stati chiariti, che si trovi la nave fantasma o non, appare evidente un secondo ma più importante aspetto di questa tragedia: la morte di 140 persone. Una morte ritenuta ineluttabile per mascherare grossolanamente la disorganizzazione di coloro a cui era affidato il controllo e la sicurezza di tutta quella zona di mare: l’Autorità Marittima con tutti i mezzi a disposizione e tutta la catena di comando e di organizzazione. E’ apparso evidente quanto criticabile sia stato l’approccio della Capitaneria che, fin dai primi segnali della collisione, avrebbe dovuto tenere sotto controllo quell’area, non aveva forse neanche realizzato che non c’era solo una petroliera in fiamme ma che c’era anche la Moby….

E cosa dire del “ragionato” mancato pronto intervento per salvare quei disgraziati (chissà 140 ,70, 139?) ancora vivi ma condannati a bruciare da vivi? Come si può liquidare tutto ciò limitandosi soltanto a “censurare” semplicemente il comportamento della Capitaneria? Qui non c’è niente di fumoso o di poco chiaro, non ci sono fantasmi o ipotesi astruse. Ma come è potuto accadere, che dopo 31 anni questo “crimine” marcia verso l’oblio e, nel frattempo ci si appassiona per le elucubrazioni sulle cause della collisione? E’ solo questo il problema? E i morti?E l’uomo della strada, insieme a me si chiede: Ma in quale paese viviamo?  Ma la Magistratura come si è espressa su questa serie di errori ed omissioni dall’effetto   così criminale? Si può mai lasciare nel dimenticatoio della storia un crimine così macroscopico? Deve finire così? Cari responsabili vivi o morti che siate, le vostre coscienze si sono fatte vive in questi anni? Come vi sentite?

Tobia Costagliola

Ravenna, 19 settembre 2022

TORRE D’AMARE IL SITO DEI MARITTIMI…………PER INSERIMENTI LOGHI SOCIETA’ COMUNICATI INVIARE EMAIL [email protected]….TELEFONO UFFICIO DAL LUNEDI AL VENERDI CELLULARE 3770803697…..SIAMO PRESENTI ANCHE COME WHATS APP 3496804446 SEMPRE ATTIVO…….SARETE RICHIAMATI NELLE PROSSIME 24 ORE DAL MESSAGGIO RICEVUTO……HAI DEI DUBBI SULLA DATA DELLA TUA PENSIONE?? QUALCHE NOTIZIA NON TI E’ CHIARA???? VAI SULLA VOCE PENSIONE, UN NOSTRO ESPERTO TI RISPONDE……