Il rapporto firmato dal colonnello dei carabinieri Adolfo Gregori contraddice la precedente perizia esplosivistica depositata nel febbraio 1992 e svolta dall’ex agente del Sismi Alessandro Massari.
Non c’era esplosivo nel locale motore dell’elica di prua e nel garage sovrastante all’interno del Moby Prince, il traghetto della Nav.Ar. Ma andato a fuoco il 10 aprile 1991 di fronte al porto di Livorno dopo una collisione contro la petroliera Agip Abruzzo. Un disastro che causò la morte di 140 persone fra passeggeri ed equipaggio e il ferimento di una persona, il mozzo Alessio Bertrand, unico superstite della tragedia. Lo ha stabilito, a quanto apprende l’Adnkronos, l’analisi del colonnello dei carabinieri Adolfo Gregori, comandante della sezione chimica del Ris di Roma a cui la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause del disastro della nave Moby Prince ha recentemente affidato l’incarico di fare chiarezza su questo punto specifico che ha generato, nel corso di questi anni, tutta una serie di congetture fino ad ipotizzare un traffico di armi ed esplosivi a bordo del traghetto Moby Prince lasciando intravedere, addirittura, l’ombra di Cosa Nostra.
Gregori sta seguendo parallelamente, come perito, assieme all’esplosivista Danilo Coppe e al medico legale Stefano Buzzi – un trio collaudato che si è occupato, fra l’altro dell’ultima perizia sulla strage di Bologna – anche la Procura di Firenze nella nuova indagine aperta sulla Moby Prince. Che potrebbe riservare, a breve, nuove clamorose sorprese.
Le conclusioni dell’esperto del Ris contraddicono la precedente perizia esplosivistica depositata nel febbraio 1992 e svolta dall’ex agente del Sismi Alessandro Massari, incaricato dalla Procura di Livorno di analizzare i resti del traghetto. Nella perizia di Massari, che il 21 dicembre scorso venne anche audito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro della Moby confermando di aver diretto un laboratorio chimico dei Servizi segreti militari prima di passare alla Criminalpol, si parlava infatti di esplosivo, forse contenuto in una borsa, anche se non è stato possibile stabilire se esploso prima o dopo la sciagura.