Professione Comandante, il convegno a Venezia

Professione Comandante: quali prospettive di riforma anche alla luce dei fatti di cronaca?” è il titolo del convegno tecnico promosso dall’International Propeller Club Port of Venice, che si è svolto presso l’Hotel Bologna di Venezia-Mestre e in modalità webinar.

Un appuntamento che è servito per affrontare il tema di casi di cronaca internazionali – come Costa Concordia, Diamond Princess, Ever Given – al centro di controversie penali con conseguenti risarcimenti milionari, in cui nell’occhio del mirino e della cronaca c’era solo il Comandante della nave, sul quale gravano sempre maggiori oneri e responsabilità.

Criticità e prospettive”, curato dal Prof. Avv. Mario Carta , Ordinario di diritto UE, Unitelma Sapienza, Presidente del Comitato Scientifico dell’ Istituto Italiano di Navigazione.
Dopo i saluti istituzionali di Umberto Masucci, Presidente The International Propeller Clubs, Anna Carnielli, Presidente Propeller Club Port of Venice e Piero Pellizzari, Direttore Marittimo del Veneto, la giornalista Laura Colognesi ha moderato gli interventi di esponenti del mondo marittimo, tra i quali Luca Sisto, Dir. Gen. di Confitarma, che ha sottolineato come la “criminalizzazione” dei marittimi e in particolar modo del Comandante, è una tendenza di portata mondiale, più volte denunciata dalle parti sociali europee e internazionali del settore. Il nostro assetto giuridico attribuisce al Comandante la responsabilità per eventuali “crimini” che avvengono a bordo della sua nave, in contrasto con la complessità e l’ampiezza delle funzioni che il Comandante deve svolgere.

Ciò, influisce negativamente sulla capacità di attrazione delle carriere marittime e sul reclutamento di giovani.
La comunità internazionale marittima è profondamente allarmata da questo fenomeno e dal suo impatto sui lavoratori del settore e per questo IMO e ILO hanno emanato linee guida per gli Stati Membri sul trattamento equo dei marittimi in caso di incidente.

Purtroppo, in molti casi, esse non vengono adeguatamente applicate a spese del Comandante della nave, come è successo nel caso della petroliera Prestige, naufragata nel 2002, il cui comandante è stato condannato, dopo 14 anni, due anni di prigione, ritenuto responsabile di un disastro ambientale per imprudenza e comportamento sconsiderato, quando invece le conseguenze dell’incidente possono essere probabilmente imputabili al fatto che alla nave fu interdetto l’accesso al porto.
Casi simili si verificano per la presenza di narcotici illegali a bordo o quando, nei casi di soccorso e salvataggio in mare di migranti nell’ambito delle operazioni SAR nel Mediterraneo, il Comandante viene ritenuto responsabile della violazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati che vieta il respingimento delle persone aventi titolo a protezione, per aver eseguito disposizioni di Autorità preposte.
È quindi necessario un approccio “binario”: da una parte, un’analisi giuridica delle norme e dall’altra una riflessione sulle implicazioni psicologiche derivanti dalle difficili condizioni in cui operano i comandanti delle navi a causa del regime di piena ed esclusiva responsabilità su quanto accade a bordo.

Senza contare che la mole di attività di tipo amministrativo che oggi i comandanti devono svolgere potrebbero impedirgli di tutelare adeguatamente la sicurezza.
Questo è uno dei tanti aspetti che impone una sburocratizzazione e semplificazione del nostro regime amministrativo, accanto ad una governance del mare più efficace e dedicata al cluster marittimo portuale nazionale, indispensabile per un paese come il nostro che dipende dal mare ma che è immerso nella cosiddetta sea-blindness.
L’urgente adozione di un pacchetto di semplificazioni procedurali è poi improcrastinabile in vista dell’estensione dei benefici del Registro Internazionale italiano alle altre bandiere europee, per evitare che a causa dei vincoli burocratici e procedurali le nostre navi si dirigano verso altre bandiere con evidenti ricadute negative sull’occupazione di marittimi italiani.


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