La corsa ad ostacoli del personale marittimo. Lo scandalo dei corsi professionali

Nicola Silenti

Dal diritto al lavoro sancito dalla Costituzione italiana a una vita professionale tortuosa e irta di ostacoli al punto da essere ormai diventata una missione quasi impossibile. E’ questa la esperienza quotidiana di chi oggi si azzarda a intraprendere la carriera di marittimo in Italia. Una carriera un tempo prestigiosa come pochissime, ammantata da un’aura accecante di rispetto e di onore, tempestata di esempi gloriosi e oggi divenuta un corollario tortuoso di peripezie che metterebbero a dura prova anche la più sincera e incrollabile delle aspirazioni. Una sorte che ben conoscono i tanti giovani che si affacciano a questo universo multiforme e molteplice con speranza e determinazione e che si ritrovano al giorno d’oggi a fare i conti con una realtà assai diversa da quella di un tempo e sempre meno seducente a causa di una mano perfida e scellerata: una mano chiamata burocrazia.

Una burocrazia, quella italiana, che in nome delle disposizioni introdotte dalla Convenzione  internazionale STCW/78-95 emendata dalla conferenza di Manila nel giugno 2010, ha reso i certificati abilitativi alle professioni del mare obbligatori per lo svolgimento della professione, finendo per appesantire un già impegnativo percorso ordinario di studi con un dedalo ulteriore di prove, esami e certificazioni che sovraccaricano in modo abnorme il già gravoso universo professionale di chi trascorre la gran parte del proprio tempo per mare lontano dalla casa e dalla famiglia.

 Disposizioni, quelle della STCW, dettate da intenti nobilissimi e da un’apprezzabile volontà di non fare sconti a nessuno sul tema della sicurezza, ma «che in Italia hanno precipitato categorie intere di marittimi nella spirale perversa del ricatto: il ricatto dei certificati abilitativi necessari per lo svolgimento della professione, rilasciati previo superamento di un esame tutt’altro che scontato da centri privati riconosciuti ad un costo complessivo tutt’altro che irrisorio e interamente a carico dei lavoratori interessati». Una ferita denunciata dal Capitano sup.di Macchina Gennaro Cibelli, con riflessioni sull’argomento pubblicate sul quotidiano delle isole di Ischia e Procida ”Il Dispari” quasi a dar voce alle migliaia di marittimi coinvolti e ormai stremati da questa spirale che appare a tutti insensata.

Una spirale, quella dei certificati abilitativi, che si riverbera in un’offerta di corsi monstre che va dai corsi base di First Aid, PSSR, Sopravvivenza e Salvataggio a quelli Radar, Arpa, Ecdis, Crown&Crisis e altri ancora. Una congerie di percorsi formativi « corsi dal costo in troppi casi impegnativo e in ogni caso in tutto e per tutto a carico delle tasche dei singoli. Se poi si considera che tutti i certificati in oggetto vanno rinnovati ogni cinque anni» prosegue Cibelli «e che la normativa richiede ai lavoratori di dimostrare di aver svolto almeno un anno di navigazione negli ultimi cinque (o in alternativa di aver svolto nel quinquennio antecedente la scadenza mansioni analoghe per almeno 30 mesi o un periodo di imbarco di almeno tre mesi negli ultimi sei) è facile comprendere il carico di stress ulteriore che incombe sulle categorie interessate »

Un’assurdità che «fa a pugni con il buonsenso e col portafoglio dei lavoratori, tanto più che in troppi casi, con lo scadere di uno o più certificati, il sistema attuale pretende la frequenza integrale dei corsi corrispondenti già sostenuti e a costo pieno» chiosa con amarezza Cibelli attualmente a casa con ultimo imbarco su un gigante dei mari quale la “MSC LENI” lungo 400 metri, largo 62 in grado di tasportare 23.756 TEU.

Un sacrificio di tempo, fatica e soldi sempre più inaccettabile per una categoria di lavoratori considerata nel mondo degna del fregio dei keyworkers, lavoratori indispensabili. Se è vero che ultimamente si sta verificando un cambiamento di tendenza che vede alcuni armatori imbarcare personale italiano in quanto garante di una maggiore affidabilità, ancora di più occorrerà lavorare per eliminare varie criticità sulla formazione come denunciato, ricordando sempre che è” il mare ad insegnare il mestiere”.

Nicola Silenti

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