11 luglio. La pandemia non ha fermato le navi. «I marittimi innanzitutto essere umani»

Si celebra la Domenica del mare. Il messaggio del cardinale Turkson: si adottino «pratiche lavorative basate sulla dignità umana piuttosto che sul profitto»

Sono la spina dorsale del commercio globalizzato. Un’umanità che ha continuato a viaggiare anche quando il mondo si è fermato. Un milione e 700mila uomini e donne spesso confinati nell’attualità degli invisibili, quella delle poche righe in cronaca a fondo pagina. È il paradosso dei marittimi, di cui si parla sempre poco e, forse, al tempo della pandemia, ancora meno. Un dato per tutti: a settembre 2020 circa 400mila di questi lavoratori, che dovevano tornare a casa, erano di fatto bloccati in mare, persino da 18 mesi, a causa del Covid. A loro, a questo universo poco raccontato, la Chiesa dedica domani la “Domenica del mare”. Un appuntamento che sin dalle origini è caratterizzato da un respiro grande, “ecumenico”.

L’avvio infatti risale al 1975 quando in Inghilterra l’Apostolato del mare (della Chiesa cattolica), la Mission to seafarers cioè “per la gente di mare” (degli anglicani) e la Sailors’ society o società dei marinai (Free Church) hanno deciso di dedicare un giorno del calendario ai marittimi, in cui pregare per loro, le loro famiglie e chi li assiste. A poco a poco l’appuntamento ha superato i confini britannici per allargarsi a tutto il mondo. Come data viene scelta, di consueto, la seconda domenica di luglio, accompagnata da un messaggio vaticano e organizzata capillarmente in più o meno numerose iniziative locali. In particolare nel nostro Paese, il cuore delle celebrazioni di quest’anno sarà Savona dove nel centenario dell’Apostolato del mare, nato nel 1920, domani alle 11 il vescovo Calogero Marino presiederà l’Eucaristia in Cattedrale (diretta su Raiuno). Accanto al pastore di Savona-Noli, don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro e don Andrea Camoirano, assistente spirituale della locale “Stella maris” intitolata a don Mario Genta, e il cui presidente Maurizio Turboni ha coinvolto tutte le realtà attive nel porto savonese.


A Savona la Messa presieduta dal vescovo Marino in Cattedrale


Un’occasione per riflettere, alla luce del Vangelo, su una realtà che è vittima, come sottolinea il Messaggio del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, di profonde contraddizioni. «L’industria marittima – scrivono il cardinale Peter Turkson prefetto del dicastero e il segretario monsignor Bruno Duffé – è altamente globalizzata ma i diritti e la protezione dei marittimi sono frammentati tra diversi attori che spesso non rispondono ad alcuna regolamentazione o autorità superiore». Succede così che malgrado i ripetuti appelli delle organizzazioni internazionali (Onu, Omi, Oil) a riconoscere i lavoratori di questo settore come “essenziali” «sono pochissimi i Paesi che hanno agevolato i cambi di equipaggio o attuato una politica chiara» di vaccinazione pensata per loro. In proposito non c’è dubbio che la pandemia abbia influito sulla vita dei marittimi. «I problemi di isolamento, solitudine, separazione e ansia per la famiglia e i propri cari lontani migliaia di chilometri, insieme all’incertezza del futuro – denuncia il messaggio –, hanno aumentato lo stress fisico e psicologico a bordo delle navi, a volte con conseguenze tragiche».
Di qui l’invito «agli armatori, alle società di gestione, agli agenti e ai reclutatori» a considerare i membri dell’equipaggio non solo “forza lavoro” ma prima di tutto esseri umani e a promuovere «pratiche basate sulla dignità umana piuttosto che sul profitto».

Il richiamo assume particolare valore alla luce dei casi di abbandono delle navi, passati, spiega la Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti, da 40 nel 2019 a 85 nel 2020. Alla base, più frequentemente, la decisione di un armatore di sbarazzarsi di una nave che non ritiene più economicamente sostenibile.

E allora «bloccato in un paese straniero – scrivono Turkson e Duffé – con salari non pagati, nessuna prospettiva di guadagno immediato e senza cibo, l’equipaggio abbandonato si trova in condizioni disumane e le famiglie subiscono conseguenze finanziarie devastanti». Ma altre situazioni terribili sono i naufragi, gli incidenti e gli atti di pirateria, 38 dall’inizio del 2021 con 33 navi abbordate, due tentativi di attacco, altrettante imbarcazioni contro cui è stato aperto il fuoco e una dirottata. Il quadro d’insieme appare dunque molto complesso. A renderlo più umano, a rafforzarne anche il contenuto spirituale, è la presenza dei cappellani e dei volontari della Stella maris molto attivi nel servizio ai marittimi e ai pescatori, anche durante la pandemia. Si tratta, per citare Benedetto XVI, dei «testimoni del volto premuroso della Chiesa che accoglie e si fa vicina». Una comunità che sta sempre accanto a questa «porzione del popolo di Dio» e per la quale chiede al Signore «forza nei momenti di debolezza, unità nella diversità, navigazione sicura e tranquilla e, una volta terminato il contratto, la felicità di riunirsi ai propri cari».

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