Economia blu/ Il futuro dell’Italia è sul mare ma la politica rimane terragna

di Nicola Silenti


Il ministro Giovannini ha firmato un decreto riguardante l’istituzione di una “Consulta per le politiche delle infrastrutture e della mobilità sostenibili”. Questa si occuperà di elaborare proposte e stime sull’impatto delle politiche e degli interventi del MIMS anche per quanto riguarda il PNRR nonchè della raccolta di documenti e studi, della promozione delle migliori pratiche individuate nelle amministrazioni territoriali e nel comparto privato, dell’analisi dei costi della transizione ecologica ed infine di formulare proposte di ordine normativo.

Vi parteciperanno associazioni e reti della società civile, del mondo sindacale, dell’ambientalismo, federazioni di settore eccetera. La Consulta si riunirà con cadenza quantomeno bimestrale.

Come è noto fra le principali problematiche marittime da risolvere in via prioritaria vi sono:

– Relazioni con le Capitanerie di porto. Dal 2012 si osserva una diminuzione della sensibilità verso alcune problematiche dei marittimi – Esami professionali di grado

– Posti di lavoro (italiani-stranieri-comunitari)

– Provvedimenti seguiti alla STCW/2010 da rivedere in quanto troppo contrastanti con la reale situazione dei marittimi

– Reintroduzione di titoli professionali di cui all’ex art. 123 del codice della navigazione

– Rapporti con l’INPS

– Riconoscimento dei lavori usuranti

– Diritto di voto

– Problematiche legate al COVID-19 (per es. rimpatri)

I membri della futura consulta dovrebbero anzitutto conoscere approfonditamente le questioni di comparto. Queste richiedono competenze specifiche le quali non possono essere svolte da soggetti introdotti nei vari livelli delle strutture provenienti da settori “estranei”.

Strutture fino ad oggi supervisionate da incompetenti che procedono secondo protocolli anacronistici ma sempre più consolidati, al punto di rendere mute e vane le proteste e le attese di coloro i quali ne sono vittime “silenziose”. Mi riferisco alla “Gente di mare” in genere, e in particolare a tutti quei marittimi, comuni, sottufficiali e ufficiali i quali sono soggetti a costose trafile temporali per conseguire titoli professionali. Trafile irragionevoli e incomprensibili, per sottostare a procedure arbitrarie avviate con leggerezza da persone che “non capiscono perché non conoscono”. Perciò sono tanti i risvolti negativi per i marittimi coinvolti in procedure irrispettose delle loro esigenze lavorative e che determinano inoltre costi esorbitanti.

Anni fitti di incontri e congressi sull’economia del mare non sono bastati a convincere le istituzioni sull’importanza del pianeta mare. Chi navighi o abbia navigato nelle acque del comparto marittimo italiano ben conosce lo strano destino di questo mondo, da tutti stimato e noto come una delle realtà più proficue e dinamiche dell’economia e dell’industria italiana.

Tuttavia sa anche che è allo stesso tempo uno degli ambiti più bistrattati, quando non ignorati dalla politica. Un settore capace di segnare numeri da capogiro pur nell’asfittico stallo dell’economia italiana; un settore che macina numeri stellari persino nei momenti più bui della crisi economica globale, ma pur sempre un mondo lontano dal clamore delle cronache e dalle priorità di un’agenda politica fitta di urgenze ed emergenze, oppure scansato perché sopravviene una miriade di problematiche secondarie che ben poco avrebbero a che vedere con l’eccellenza del made in Italy.

Chi persevera nella solita retorica di un finto interesse nasconde una incapacità di comprendere i mille volti di un universo economico e sociale decisivo, lasciando i suoi protagonisti privi di vera disponibilità a un appoggio che non siano di sola facciata. Sembra una malattia pluridecennale questa cecità incurante della portata strategica di un universo che offre impiego a circa un milione di uomini e donne, il 3,5 per cento di tutta la forza lavoro italiana, per giri d’affari di oltre 45 miliardi di euro, circa il tre per cento del totale nazionale.

Numeri che sono la riprova della portata straordinaria di un comparto essenziale, erede di una tradizione legata a doppio filo all’anima della nazione. Un’ignoranza che pesa come un macigno sulle tante opportunità di sviluppo di un settore frenato nella sua espansione come nessun altro e vittima innocente di una politica che non può, non sa e non vuole restituire all’Italia la sua identità di piattaforma del mare.

Orfano ancora una volta del tanto sospirato ministero del Mare, il comparto marittimo guarda ancora con speranzosa attesa al nuovo governo guidato da Mario Draghi, ben sapendo che la voce “mare” è determinante nell’apparato produttivo e nella cultura italiana. Non potrebbe essere diversamente per una penisola segnata da 8000 chilometri di coste, da una miriade di punti di approdo e porti commerciali, scali industriali e marine turistiche fra le più rinomate al mondo. Non si dimentichi inoltre la nostra posizione centrale nel Mediterraneo. Il nostro Paese è un hub naturale per il continente europeo, affacciato verso l’Est Europa, verso l’Africa e il Medio Oriente. La geografia ha disegnato per noi questo destino.

È dunque indispensabile rovesciare la percezione corrente che ci vede periferia d’Europa. Peraltro l’Italia vanta una secolare tradizione marinara e un know how riconosciuto a livello globale.

Per concludere, non c’è dubbio che l’Italia debba recitare un ruolo da protagonista nel Mediterraneo. Come ampiamente attestato da una miriade d’indagini, il comparto marittimo si conferma da tempo come un volano in grado di coinvolgere nel suo moto virtuoso un universo fatto di tante realtà diverse ma collegate fra loro come non mai. Un universo che non si limita alla cantieristica e allo shipping, ma interessa filiere complesse e multiformi come quella ittica e delle attività connesse alla pesca, l’industria del sale e delle estrazioni, la filiera del diporto e quella degli strumenti per la navigazione, senza dimenticare comparti in continua evoluzione come quello delle apparecchiature industriali, della crocieristica e movimentazione passeggeri, delle attività di assicurazione e dei servizi legati al turismo: ricettività, ristorazione, villaggi turistici e alberghi, parchi tematici, stabilimenti balneari e intrattenimento.

Tale universo si arricchisce di professionalità sempre nuove: basti pensare ai campi della ricerca e della tutela ambientale, delle biotecnologie marine e delle scienze naturali, ma in special modo si pensi alle attività strategiche connesse all’istruzione e alla formazione professionale.

Da tempo in tanti nel mondo marittimo hanno compreso come a fare la differenza, nella competizione fra attori nazionali, più di navi e cantieri sia sempre il fattore umano. Una riprova di quanto avveduto e lungimirante sia stato l’impegno profuso da quanti hanno concentrato le proprie energie nel settore dell’istruzione e della formazione della Gente di mare, del personale marittimo e di quello impegnato negli ambiti correlati o attinenti.

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