ICS e ITF si accusano a vicenda per il fallimento delle trattative presso l’ILO per l’adeguamento della paga base dei marittimi

Gli armatori lamentano che è stato respinto il loro accordo triennale che prevedeva un aumento del 3%. Il sindacato denuncia il tentativo da parte datoriale di congelare i salari e perciò di determinare un taglio del loro valore reale
Gli armatori annunciano oggi stupefatti il fallimento delle trattative per adeguare la paga base dei marittimi condotte presso l'International Labour Organization (ILO) che - apprestandosi a celebrare oggi la “Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro” - aveva ricordato che il primo salario minimo dei marittimi era stato fissato 75 anni fa e che quello dello shipping è il solo settore che presenta una paga base internazionale che è regolarmente aggiornata dalla Joint Maritime Commission (JMC) dell'ILO, organismo composto da rappresentanti degli armatori e dei marittimi che è stato istituito nel 1920 e la cui ultima riunione si è conclusa ieri appunto con esito negativo.
Altro che stupore, controbatte il sindacato internazionale che rappresenta i marittimi, che denuncia come invece gli armatori si siano presentati alla trattativa con “una volpe sotto l'ascella” avendo pianificato, anziché lo strombazzato aumento, un taglio dei salari reali dei marittimi, assestando - ha denunciato l'International Transport Workers' Federation (ITF) - un vero e proprio «schiaffo in faccia agli eroi della pandemia».
Disaccordo totale, quindi, tra le due parti. Natalie Shaw, direttrice per le questioni sindacali dell'International Chamber of Shipping (ICS), l'organizzazione che svolto per la parte armatoriale le trattative con il sindacato ITF presso l'ILO, ha lamentato che «purtroppo, in questo momento senza precedenti, i rappresentanti dei marittimi hanno rifiutato una generosa offerta degli armatori. Siamo andati - ha asserito Shaw - più in là di quanto avessimo previsto, ma l'offerta è stata comunque rifiutata. Tuttavia - ha precisato - la nostra porta è sempre aperta».
Lo stupore dell'ICS per il rifiuto dell'offerta è dovuto al fatto che - ha spiegato l'organizzazione armatoriale - nonostante l'impatto della pandemia di Covid-19 sull'industria armatoriale mondiale, costituita dal settore crocieristico e da quello del trasporto delle merci, da parte datoriale è stato presentato un accordo triennale per aumentare la paga base dei marittimi, con un aumento del +3% «in un momento in cui - ha evidenziato l'ICS - molti lavoratori a terra stanno subendo congelamenti salariali e perdono il loro lavoro».
L'ITF ha respinto al mittente l'accusa di aver rifiutato un'offerta apparentemente generosa: «nella lunga storia di questi negoziati - ha ricordato Mark Dickinson, portavoce del Seafarers Group presso l'ILO e vice presidente della sezione Seafarers dell'ITF - questa è solo la seconda volta in cui armatori e marittimi non sono riusciti a concordare un adeguamento del salario minimo dei marittimi, ed è - ha puntualizzato - tutta colpa degli armatori che si sono comportati con un'incredibile mancanza di autoconsapevolezza e di rispetto per i sacrifici dei marittimi, in particolare negli ultimi 14 mesi. Dapprima - ha accusato Dickinson - vanificando qualsiasi ipotesi di aumento di salario, anche di un dollaro. Con il loro piano di far saltare la formula dell'ILO gli armatori palesano la loro strategia a lungo termine volta a minare il dialogo sociale che per anni è stato così decisivo per assicurare il successo e la stabilità di questo settore, e così facendo pregiudicano la cooperazione che abbiamo riscontrato nel corso della pandemia globale».
L'ITF denuncia infatti il tentativo dell'ICS di congelare i salari e, soprattutto, di abbandonare «l'oggettiva, decennale e consolidata pratica di adeguamento del salario minimo svolta presso l'ILO». «Purtroppo - ha spiegato Dickinson - il risultato del congelamento dei salari da parte degli armatori è un taglio dei salari in termini reali, che dà una spinta alla carenza di manodopera nel settore». Ricordando che una recente ricerca dell'ITF ha evidenziato che già un quarto dei marittimi stava considerando di lasciare il settore a causa della crisi dei cambi degli equipaggi delle navi e che un altro 23% dei marittimi lamentava l'incertezza del proprio futuro, il rappresentante del sindacato ha osservato che il congelamento dei salari proposto dagli armatori rappresenta un'accelerazione alla tendenza dei marittimi ad abbandonare il settore e costituisce «un vero e proprio autogol» per gli armatori. «Per queste compagnie - ha rilevato Dickinson - è già abbastanza difficile reclutare marittimi a causa della questione dei cambi degli equipaggi e avrei pensato che ora sarebbe stato il momento di investire nel proprio personale e rendere questo settore più, e non meno, attraente per coloro che vi vogliono entrare».
«Abbiamo ripetutamente sentito dagli armatori e dai loro rappresentanti - ha proseguito Dickinson - che si preoccupano per i marittimi, che i marittimi sono “vitali” ed “essenziali” per il nostro settore e per la supply chain globale. Ma nel momento in cui si tratta di riconoscere il contributo dei marittimi e di valorizzarli davvero, manifestando rispetto per le istituzioni che sono più importanti per il benessere dei marittimi e offrendo un modesto reale aumento delle paghe, gli armatori mostrano la loro vera natura. Gli armatori - ha accusato Dickinson - versano lacrime di coccodrillo. Fanno solo finta che gli importi».
Il rappresentante dell'International Transport Workers' Federation ha affermato che le argomentazioni degli armatori secondo cui il settore ha sofferto finanziariamente a causa della pandemia non trovano riscontro nella realtà in quanto - ha precisato - i noli marittimi sono saliti ai massimi storici e la maggior parte degli armatori è uscita bene dalla pandemia nonostante le precedenti previsioni di calo dei ricavi e degli utili.
Dickinson ha nuovamente respinto l'accusa dell'ICS di aver fatto fallire le trattative: «abbiamo - ha specificato - sostenuto con forza i negoziati in sede ILO, come il rapporto finale dimostrerà. I marittimi - ha aggiunto - sono gli eroi della pandemia. Si sono sacrificati più e più volte. Hanno letteralmente rischiato la vita affinché queste compagnie potessero sopravvivere al Covid-19 e ai suoi effetti economici. E ora il ringraziamento che ricevono è uno schiaffo in faccia da parte degli armatori che essenzialmente stanno facendo loro scegliere fra tagli di stipendio ora o tagli di stipendio in futuro. È vergognoso».
«Il mancato accordo - ha proseguito Dickinson - significa che ora l'ITF deve determinare unilateralmente i minimi salariali ILO, ma, a differenza degli armatori, rispetteremo e manterremo fede alla formula dell'ILO che è equa e obiettiva. La formula - ha ricordato - consiste semplicemente nel mantenere il potere d'acquisto dei marittimi in moneta corrente, in modo che i loro salari reali non diminuiscano, oltre a condividere una piccola parte dei guadagni di produttività del settore che sono generati dalle competenze e dal duro lavoro dei marittimi».
La formula - ha spiegato Dickinson - fissa la paga base a 683 dollari al mese con effetto dal primo gennaio 2022, con un aumento di 1,40 dollari al giorno rispetto all'attuale cifra di 641 dollari che è stata fissata nel 2018 a seguito delle trattative presso l'ILO. «Riteniamo - ha sottolineato - che il salario minimo adeguato ILO per un marittimo qualificato sia almeno di 683 dollari al mese a partire dal primo gennaio 2022 e lo consiglieremo di conseguenza ai nostri affiliati e all'organo direttivo dell'ILO».
«La nostra porta - ha concluso Dickinson - rimane aperta per ulteriori trattative, nel caso dovesse prevalere il buon senso».
Le porte, quindi, restano aperte da entrambe le parti, ma - a caldo - sembra che nessuno abbia l'intenzione di varcarle.
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