Ex Tirrenia, storia dell’ennesima privatizzazione che sta finendo male

DI MASSIMO ALBERTI

Ex Tirrenia: storia dell’ennesima privatizzazione che sta finendo male. Dopo il fascicolo aperto senza indagati sui finanziamenti alla politica, la Procura di Milano ha depositato al Tribunale istanza di fallimento nei confronti di Cin, la Compagnia italiana di navigazione dell’armatore Vincenzo Onorato.

Secondo la procura la società avrebbe un passivo di circa 200 milioni e debiti scaduti per circa 400 milioni, di cui 180 con lo stato per l’acquisizione della ex Tirrenia. Che senza un accordo con i creditori, ora allo stato potrebbe ritornare. A rischio ci sono 4.000 posti di lavoro.
È stata la privatizzazione fallimentare di un’azienda che ora rischia di morire per scelte finanziarie azzardate. Perchè il lavoro c’è e non è in discussione. Ma non è stato certo ben gestito”.

Il segretario della uiltrasporti, Paolo Fantappiè, non usa mezzi termini per definire la storia della ex Tirrenia. Lo stato se ne voleva liberare da molti anni, e nel 2012 ci è riuscito per l’interessamento dell’armatore Onorato, che ha fiutato l’affare sicuro: una decina di tratte garantite, quelle del servizio di continuità territoriale con le isole, e copiosamente sovvenzionate dallo stato con 72 milioni di euro all’anno. Spese e investimenti sbagliati, secondo i sindacati, che negli anni però avrebbero portato a debiti con banche, fondi, e proprio con lo stato. Fino al possibile fallimento. Cui si aggiunge, dopo due proroghe, la scadenza a maggio della convenzione che verrà messa a bando, ma solo per metà di quelle tratte.

Le altre sono già adeguatamente coperte nel mercato marittimo e lo stato le molla. Cin con l’indotto impiega circa 5000 lavoratori. Quelli tranquilli sono solo i circa 800 impiegati nelle tratte di continuità territoriale messe a gara. Gli altri 4000 attendono di sapere cosa deciderà il tribunale il 6 maggio.

Nel sindacato c’è forte preoccupazione, comunque vada. Un accordo di Cin con i creditori garantirebbe l’attuale assetto “ma viste le criticità della gestione, e il rischio di una dura ristrutturazione, non saremmo comunque tranquilli” dice Fantappiè. Dall’altra parte c’è l’amministrazione controllata statale, sul modello Ilva o Alitalia, in attesa di un’acquisizione esterna. “Per cui servirebbero investimenti” continua il segretario Uil trasporti, proprio per evitare gli scenari non certo virtuosi di Alitalia e Ilva. Un altro nodo, frutto di scelte sbagliate, che viene al pettine nel già brutto momento della crisi generata dalla pandemia.

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